Corriere della Sera - La Lettura

I fichi di Trombadori omaggio a Vermeer

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All’interno del filone neosecente­sco che appartiene al «realismo magico» e all’arte romana tra le due guerre, la pittura di Francesco Trombadori (1886-1961) spicca per il nitore, le luci abbacinant­i, i volumi solidi e una generale atmosfera sospesa. «Trombadori fiammingo» lo definì il critico Roberto Longhi, colpito dalla capacità del siciliano di descrivere con astraente esattezza corpi, spazi, oggetti, proprio come avevano fatto tre secoli prima i maestri della tradizione fiamminga. È quasi un omaggio a quella scuola e alla pittura cristallin­a di Vermeer la Natura morta con cestino di frutta (1923 circa, sopra), conservata alla Gnam di Roma. Un tavolo sghembo, un tovagliolo candido dalle pieghe inamidate, un piatto in ceramica di Delft e in primo piano il canestro con pesche, uva, fichi, mezzo melograno: sodi, traslucidi e perfetti. Ma novecentes­chi sono il contrasto dei toni e la luce tagliente che sembra scaturire dalle forme. (anna villari)

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