Corriere della Sera - La Lettura
Una poesia di sessanta pagine per sfidare l’immaginazione
Èconsiderata una «specialista» in testi difficili e drammi contemporanei «ingombranti» come il recente 89/90 dal romanzo di Peter Richter, in cui ha raccontato la violenza delle destre durante il caos scatenato dalla caduta del Muro e nell’anno della postriunificazione delle due Germani e, ola trasposizione teatrale di Metropolis, dal romanzo di Thea von Harbou, già alla base del film di Fritz Lang, in cui a essere sotto la lente è il divario tra le classi sociali.
Claudia Bauer ha costruito la sua carriera di regista non solo realizzando spettacoli per i maggiori teatri dei Paesi di lingua tedesca, ma anche rivestendo ruoli di direzione artistica, come al Theaterhaus di Jena dal 1999 al 2004. Una costante dei suoi lavori di regia, quasi un marchio di fabbrica, è l’utilizzo delle maschere, a cui ricorre, spiega, «per rappresentare l’universale». Alla Biennale presenta due spettacoli: Und dann (8 agosto, Tese dei Soppalchi), dal testo del drammaturgo Wolfram Höll, e Der Menschen Feind (9 agosto, Teatro Piccolo Arsenale), riscrittura del Misantropo molièriano. Und dann racconta la vita monotona di un bambino e dei suoi fratelli insieme al padre disoccupato, dopo la perdita della madre. Del disilluso Alcesti, protagonista di Il misantropo, l’autore e musicista Peter Licht raccoglie invece gli aspetti di natura sociale, gli equivoci della lingua, indagando anche le derive del capitalismo e la scoperta di sé.
«Mi interessano — sottolinea la regista — i testi che sfidano la mia immaginazione, che mi costringono a inventare qualcosa. Nel caso di Höll è stata la lirica — Und dann è una lunga poesia di una sessantina di pagine — per la quale ho dovuto creare personaggi, situazioni, una nuova struttura. È stato molto stimolante».