Corriere della Sera - La Lettura
Tre artisti e un sogno per il Padiglione Italia
Biennale Arte 2019 Milovan Farronato illustra a «la Lettura» le linee guida della curatela che gli è stata affidata a Venezia. Ha scelto due donne (una è scomparsa l’anno scorso) e un uomo dai profili complementari. «Spero che dopo la prima visita si abbia voglia di rivedere tutto»
Alchemico, viscerale, essenziale. Tre gli aggettivi scelti da M ilo van Farro nato, classe 1973, prossimo curatore del Padiglione Italia della Biennale di Venezia che verrà: quella del 2019,in programma dall’11 maggio al 24 novembre, quella diretta «globalmente» dall’americano Ralph Rugoff (scelto dal Cda presieduto da Paolo Baratta). O, almeno, sono questi gli aggettivi con cui Farronato definisce in anteprima per «la Lettura» i tre artisti scelti per rappresentare il contemporaneo made in Italy: Chiara Fumai (1978-2017), l’alchemica; Enrico David (1966), il viscerale; Liliana Moro (1961), l’essenziale. Un Padiglione che nasce «sotto il segno dell’ internazionalità, della contemporaneità, della creatività» secondo le intenzioni del ministro dei Beni e delle Attività culturali Alberto Bonisoli che — attraverso la Direzione generale arte, architetture contemporanee e periferie del Mibac, guidata da Francesca Galloni — lo organizza.
Aspettando il titolo definitivo (annun- ciato per marzo), nell’idea di Farronato, il Padiglione «sarà fatto di suggestioni coreografate e orchestrate in modo preciso che proveranno a convivere nei medesimi spazi». Perché solo tre? «Ho seguito la linea già scelta dalla curatrice dell’ultimo Padiglione, Cecilia Alemani, ma anche da Ida Giannelli, che nel 2007 aveva portato “solo” Giuseppe Penone e Francesco Vezzoli: un modo per approfondire meglio il lavoro dei singoli artisti». Nel più generale racconto di questi «tempi interessanti» ( May you life in interesting times è il titolo scelto da Rugoff e Baratta per la 58ª Biennale) Farronato, primo curatore no gender conforming del Padiglione Italia (con un curriculum inattaccabile che ha subito smorzato ogni polemica), proporrà una sorta di dialogo nato dall’esperienza: «Ci saranno opere già realizzate dagli stessi artisti e altre create per l’occasione, opere che però non dovranno essere separate ma convivere».
Un dialogo tra passato, presente e futuro che riguarderà anche la più giovane del gruppo, Chiara Fumai, scomparsa non ancora quarantenne nell’agosto del 2017: «Sono stato un grande amico e un grande complice di Chiara — spiega con emozione Farronato — e l’ho sempre seguita nei suoi progetti e nelle sue performance, a cominciare da quella realizzata nel 2012 per Documenta. Fino all’ultimo ci siamo scambiati sms, messaggi ed email per tenerci aggiornati. Quando Chiara ha dovuto purtroppo affrontare altre priorità, stava lavorando su certi suoi taccuini: di lei ci sono rimaste le sue indicazioni e i suoi appunti e su quelli lavoreremo per portare avanti ciò che aveva iniziato». Perché scegliere un’artista che non c’è più per rappresentare il contemporaneo? «La creatività di Chiara resta perché può essere di stimolo per altri artisti, può indicare loro la via». Proprio da qui, dall’assenza dell’artista, nascerà l’alchimia suggerita da Farronato.
Più di dieci anni dividono Fumai da Enrico David; cinque a loro volta dividono David, unico italiano (trapiantato a Londra proprio come Farronato) a essere stato selezionato per il Turner Prize nel 2009, da Liliana Moro. Secondo il curatore, questo dovrà essere un viaggio emozionale ma anche generazionale attraverso il contemporaneo: «Le figure di Enrico David sono semplici, poetiche, piene di dubbi esistenziali, spesso rassegnate. Sono figure traumatizzate che ti guardano cercando di conquistarti visceralmente, di avvicinarti al loro sentire. Il suo Padiglione? Racconterà la crescita della sua creatività, la sua evoluzione».
Un contatto, anche fisico, sarà quello proposto da Liliana Moro attraverso le sue opere minimal-romantic con i visitatori «obbligati a camminare sui cocci di vetro o inseguire un orizzonte che si allontana» mentre «il suo Padiglione avrà il sapore di una retrospettiva, dove porterò in primo piano certi suoi lavori poco noti e alcuni interventi pensati per spazi pubblici con alcune nuove produzioni».
Quale la speranza segreta di Milovan Farronato per il Padiglione Italia? «Che il visitatore, appena uscito, abbia subito voglia di tornare indietro a rivederlo».