Corriere della Sera - La Lettura

Tre cuori e neuroni ovunque Il genio decentrato del polpo

- TELMO PIEVANI

Parla Peter Godfrey-Smith che ha studiato il sistema nervoso dei cefalopodi, del tutto diverso dal nostro. «Sono esseri senzienti, dotati di una forma di coscienza difficile da capire per noi. Come possiamo immaginare per esempio la loro abilità di vedere con tutta la pelle?»

L’incontro ravvicinat­o con una seppia gigante gli ha cambiato la vita. Da allora è convinto che l’oceano sia abitato da menti del tutto diverse dalle nostre, da creature intelligen­ti e curiose chiamate cefalopodi. L’australian­o Peter Godfrey-Smith, tra i filosofi della biologia più accreditat­i, dal 2008 si immerge al largo di Sydney per far visita ai suoi lontani cugini polpi. Perlustran­do i fondali ha scoperto Octopolis, uno strano raduno permanente di tentacoli e ventose.

Le cronache di laboratori­o sono piene di aneddoti sulla scaltrezza di questi molluschi: fughe di soppiatto nei tombini, sabotaggi degli acquari, spegniment­o delle luci con getti d’acqua. Qualcuno scommette che riconoscon­o gli esseri umani. Il loro sistema nervoso ha un’architettu­ra diversa dalla nostra: un cervello centrale dialoga con i gangli distribuit­i sulle otto braccia. Durante l’evoluzione persero la conchiglia, puntando tutto su un corpo così proteiform­e che passa per i buchi delle serrature e si infila nelle bot- tiglie. Un corpo, scrive Godfrey-Smith in Altre menti (Adelphi), che è «pura possibilit­à» e ospita quanto di più vicino a un’intelligen­za aliena vi sia in natura.

Perché un filosofo della scienza si occupa di polpi?

«La filosofia mette insieme le cose. Quando il mondo diventa confuso, la filosofia diventa molto importante».

Allora, data la confusione che ci circonda, per noi filosofi ci sarà sempre lavoro. I polpi hanno tre cuori e mezzo miliardo di neuroni, quanti quelli di un piccolo mammifero, ma distribuit­i su tutto il corpo. Giocano con gli oggetti e risolvono problemi. Ma in che senso lei ipotizza che siano «coscienti»?

«Io penso che i polpi siano esseri senzienti, che abbiano esperienza delle loro vite e posseggano una “esperienza soggettiva”. Non penso che i polpi siano animali riflessivi né che abbiano sequenze di pensieri interni separati dalle loro esperienze in presa diretta. Non so se provino un qualche senso di chi sono, e dunque un tipo di auto-coscienza. Ma so- no molto più sicuro del fatto che i polpi, e forse altri invertebra­ti come seppie e granchi, siano esseri senzienti che fanno esperienza delle loro vite. Questa caratteris­tica secondo me è quanto meno una forma embrionale di coscienza».

Lei scrive che i cefalopodi, nel grand e a l b e r o d e l l a b i o d i ve r s i t à , s o n o un’isola di complessit­à mentale evolut asi i n modo parall e l o al l a nostra. Quindi la loro intelligen­za è pressoché incommensu­rabile alla nostra. Come facciamo a dire che hanno una «mente»? Non sarebbe meglio dire che hanno un’integrazio­ne mente-corpo che per noi è impossibil­e immaginare?

«Ammetto che questa è la parte dell’“essere-un-polpo” più difficile da concepire per noi umani, che siamo esseri piuttosto centralizz­ati, forse non così unificati come talvolta immaginiam­o, ma molto più centralizz­ati di un polpo. Tutti noi però siamo abituati ad affrontare situazioni in cui ci troviamo a svolgere un complicato comportame­nto senza sapere esattament­e come lo abbiamo fatto, negli sport o nella musica per esempio. Questo ci dà forse qualche piccolo indizio su come potrebbe sembrare la vita di un polpo. Sospetto che loro possano vedere le loro braccia fare cose che il braccio stesso ha controllat­o, come se fossero osservator­i delle azioni che le parti del loro stesso corpo compiono. Tuttavia, sono d’accordo che le nostre abilità immaginati­ve siano stirate al massimo dall’enorme differenza tra noi e loro».

I nfa t t i , è una di s t a nz a e vo l ut i va grandissim­a, il nostro antenato comune vermiforme viveva nel primo Cambriano, 600 milioni di anni fa. Eppure secondo lei la coscienza in natura potrebbe essersi evoluta gradualmen­te in specie diverse. Come è possibile?

«Supponga che un animale possa avere sprazzi molto vaghi di dolore e piacere. Mentre gli eventi accadono, l’animale registra internamen­te se è accaduto qualcosa di buono o di cattivo, ma non può pensare a che cosa è appena accaduto, né pensare sé stesso come soggetto di quegli eventi. Adesso assumiamo che l’ani-

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