Corriere della Sera - La Lettura
Uomini e L’ideologia di una ecologica
Il mito batte la realtà lupi guerra
Dopo una lunga stagione nella quale sembravano condannati all’estinzione, i lupi, finalmente tutelati dalla legge, stanno tornando a diffondersi sulle montagne italiane. Secondo le stime, si tratta però di poco più di duemila capi, un numero trascurabile nel complesso ecosistema della penisola. Nel mondo reale, dunque, incontrare un lupo è pressoché impossibile: ciò nonostante questi animali hanno popolato e popolano il nostro immaginario pop, partendo dalle fiabe per l’infanzia, per diffondersi nei cartoni animati, nei fumetti, nei film e nei romanzi fantasy. Più o meno simpatici, più o meno umanizzati, essi sono comunque descritti con alcuni caratteri costanti, ossia aggressivi, affamati e sempre intenti a insidiare qualche preda.
Si tratta di uno stereotipo costruito dalla cultura occidentale nel corso dei secoli, che il bel libro di Riccardo Rao Il tempo dei lupi (Utet) ricostruisce a partire dall’Alto Medioevo fino a giungere al giorno d’oggi. Il volume narra una storia dei rapporti fra uomini e lupi abbandonando la prospettiva antropocentrica, per assumere un punto di vista etologico ed ecologico. Diventa così la crudele storia dell’aggressione immotivata di una specie contro un’altra, di una campagna di sterminio progressivamente organizzata, di un profondo sentimento di ostilità da parte degli esseri umani nel quale si mescolavano la diffidenza atavica dei pastori, la potenza di alcune metafore bibliche, le immagini della mitologia scandinava e la tradizione delle fiabe classiche.
L’odio per questi predatori, però, aveva bisogno di un quadro economico e sociale ben preciso per scatenarsi. Nell’Alto Medioevo, infatti, l’abbondanza di foreste e di terreni incolti permetteva a umani e canidi di convivere pacificamente, dividendosi la ricca cacciagione. Sazi di caprioli, lepri e cinghiali, i lupi non avevano bisogno di insidiare le pecore e i maiali allevati dagli uomini. Lo scontro fu provocato da questi ultimi, che a partire dal XII secolo dissodarono gran parte del territorio europeo, riducendo la superficie occupata dai boschi. Le due specie si trovarono così a rivaleggiare per le poche risorse forestali rimaste e i lupi, vedendo ridursi le loro prede selvatiche, dovettero aggredire sempre più spesso le greggi e le mandrie e, anche se molto di rado, gli uomini stessi. Gli umani, sentendosi minacciati, reagirono su due piani. Nella realtà organizzavano cacce, preparavano trappole e mettevano taglie promettendo ricche ricompense per l’uccisione degli animali e dei loro cuccioli. Ancora più pesante fu la campagna propagandistica: sotto la penna degli autori medievali e moderni, i lupi furono ritratti come avidi, ingordi e stupidi, li si disse servi del demonio e il loro nome fu utilizzato per marchiare i ribelli, gli eretici, i nobili prepotenti. L’importante libro di Chiara Frugoni Uomini e animali nel Medioevo. Storie fantastiche e feroci, che sta per essere pubblicato dal Mulino, permette di aggiungere all’elenco, con il suo ricchissimo corredo d’illustrazioni d’epoca, anche miniatori e pittori che si esercitarono nella raffigurazione dei lupi quali belve feroci e spietate.
L’immagine ha vinto sulla realtà. La diffidenza dell’uomo per una specie sociale e organizzata e dunque percepita come una diretta rivale nel controllo del territorio attraversa indifferente i secoli e i cambiamenti economici e sociali, dai lupi magici che potevano privarti della parola, descritti da alcuni autori medievali, alle belve colossali e antropofaghe che popolavano i giornali nell’Europa dell’Illuminismo, per terminare con le voci di branchi paracadutati nottetempo dalla guardia forestale nella Toscana dei nostri tempi.