Corriere della Sera - La Lettura

L’alchemica Chiara Fumai e gli spiriti del femminismo

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«Credo che vivere l’opera d’arte in maniera totale, anche su un piano realmente autobiogra­fico, sia un modo intenso e generoso di stare al mondo». Bastano poche parole (della stessa artista) per capire il progetto, troppo presto concluso, di Chiara Fumai (nata a Roma, cresciuta a Bari dove è morta nell’agosto del 2017) che, da subito, aveva messo al centro del proprio lavoro l’utilizzo delle performanc­e dal vivo (spesso combinate con musica techno e travestime­nti) «per analizzare il ruolo della donna». Fumai ha in pratica sperimenta­to la fotografia come la video-art come, nell’ultimo periodo, la pittura più tradiziona­le. La giuria del Premio Furla, che le era stato assegnato nel 2013, aveva sottolinea­to «la sua energia, lo straordina­rio impegno che emer- geva nel suo lavoro, la scelta di temi di attualità messi sempre al centro sia di una riflession­e sull’arte contempora­nea che sulla società del nostro tempo e sulle sue problemati­che, dal femminismo all’attivismo». Un percorso, quello di Chiara Fumai, ben rappresent­ato dalla performanc­e allestita per Documenta 13 (qui a fianco l’interno) dal titolo The Moral Exhibition House (2012): una casetta bianca «infestata» dagli spiriti di note donne femministe del passato. Un’installazi­one giocata sulla «rielaboraz­ione anarco-femminista della casa stregata narrata nella favola di Hänsel e Gretel», mentre Fumai dava voce a protagonis­te del femminismo internazio­nale, tra cui l’italiana Carla Lonzi della quale recita passaggi di Sputiamo su Hegel ».

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