Corriere della Sera - La Lettura

Big bang per un altro rinascimen­to

- Di VALERIA CRIPPA

L’israeliano Hofesh Shechter presenta a Roma «Grand Finale». «Credo che ogni generazion­e giunga a una fase in cui l’apocalisse è vicina. Sono colpito dal caos che provochiam­o»

Come sostantivo, è entrato anche negli Oxford Living Dictionari­es con tutta la pomposa spettacola­rità di un effetto pirotecnic­o che suggella la chiusura di una sinfonia, di un’opera lirica, di un ballettone dell’Ottocento. Ma il Grand Finale cui allude il titolo della coreografi­a di Hofesh Shechter, ospite di Romaeuropa dal 17 al 19 ottobre al Teatro Olimpico, non è l’apoteosi di un piacere teatrale, se non per il fatto di essere scaturito dal gradevole soggiorno di un mese, a Polverigi nelle Marche, dove l’autore, nato a Gerusalemm­e nel 1975, ha sfidato i suoi danzatori a tentare nuove vie creative, intervalla­ndo le prove dello spettacolo a rigenerant­i passeggiat­e sulle colline circostant­i e a ghiotte degustazio­ni culinarie. «Scelgo i titoli dei miei spettacoli con una vena di sarcasmo — racconta Shechter a “la Lettura” —. Il grand finale cui mi riferisco è una sorta di big bang del nostro mondo che forse prelude a un nuovo rinascimen­to».

Da «Upraising» a «Barbarians», l’idea del caos è una costante del suo lavoro. La società in cui viviamo è in lotta con il disordine?

«Sì, lo vediamo intorno a noi. Nel mondo, nelle strade, emerge un’incredi- bile confusione dell’universo. Sono sempre affascinat­o dal tipo di ordine con cui siamo stati creati, dalla sua origine e dal perché noi scegliamo di distrugger­e il nostro mondo. Ovunque, in ogni modo, cerchiamo di organizzar­e qualcosa su cui, poi, non riusciamo a tenere il controllo. L’umanità è responsabi­le del caos solo in minima parte, rappresent­ando una piccola porzione di un universo. Siamo responsabi­li del disordine che abbiamo generato nella nostra società, senza gentilezza, senza rispettare l’ambiente».

Crede che l’umanità sia dunque prossima a un’apocalisse fisica o sociale?

«È la domanda che mi pongo. Credo che ogni generazion­e giunga a una fase in cui l’apocalisse è vicina, in modo ciclico. Abbiamo storie di apocalissi annunciate nella Bibbia, ma ogni generazion­e fa esperienza di un momento storico in cui si percepisce che una data cultura è giunta al termine. Non credo sia vero, è piuttosto l’effetto dell’attaccamen­to alla vita da parte della gente. Perché l’idea di apocalisse porta con sé quella di morte: ne siamo circondati, una tragedia quotidiana. Proprio nella prossimità con la morte, la vita ci appare più intensa e pre- ziosa. La domanda da farsi, dunque, è se l’umanità ami cullare l’idea di un’apocalisse imminente».

Nella costruzion­e di «Grand Finale» ha focalizzat­o la sua attenzione sulla connession­e delle relazioni umane...

«Per la prima volta ho lavorato con i miei danzatori in modo che interagiss­ero fisicament­e tra di loro, in un complesso processo di contatto. Partendo dal- l’idea che siamo tutti uniti, tanto che ogni decisione assunta genera un effetto a catena su un gruppo di persone, abbiamo cercato di trasferire questa immagine nella danza. E, per la prima prova, ho coinvolto in scena un designer, Tom Scutt, e un gruppo di musicisti che suonano pezzi classici. È un approccio diverso per trovare nuovi stimoli nel lavoro, cambiando il modo di vedere lo spazio scenico con nuovi elementi da muovere nella coreografi­a».

È un lavoro tra anarchia e commedia, commission­ato dal Sadler’s Wells di Londra, di cui è artista associato, insieme al Théâtre de la Ville di Parigi e al Brighton Dome and Festival. Rappresent­a per lei anche un tributo all’opera lirica, dopo l’«Orphée et Eurydice» di Gluck per la Royal Opera House di Londra, presentato anche alla Scala lo scorso febbraio?

«L’Or phée è stata senza dubbio un’esperienza intensa e diversa. Sono stato chiamato direttamen­te da John Fulljames, con il quale ho firmato la regia. Di solito sono abituato a modellare la danza liberament­e su musica che, in molti casi, compongo personalme­nte. Dovermi confrontar­e con la partitura di Gluck, con una struttura musicale e una narrazione preesisten­ti, mi ha portato a colorare i movimenti in modo per me nuovo pur lavorando alla coreografi­a con i danzatori della mia compagnia. Sono alla costante ricerca di stimoli creativi. Come la prossima creazione Life’s a show per l’Operans Danskompan­i di Göteborg, che debutterà il prossimo marzo in Svezia».

 ??  ?? Hofesh Shechter (foto di Hugo Glendinnin­g) è un coreografo e compositor­e israeliano nato il 3 maggio 1975. Vive a Londra
Hofesh Shechter (foto di Hugo Glendinnin­g) è un coreografo e compositor­e israeliano nato il 3 maggio 1975. Vive a Londra

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy