Corriere della Sera - La Lettura
Leonardo, il primo genio del Ventunesimo secolo
Sono già iniziate le celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della morte dell’autore della «Gioconda» (il 2 maggio 1519). Ma chi era davvero Leonardo da Vinci? Nelle due pagine successive abbiamo provato a definirne dodici ritratti tematici
Leonardo e noi, noi e Leonardo. Chi è, oggi, il genio di Vinci, «spirito simbolico» che, come scrisse Valéry nel 1895, racchiude in sé «una moltitudine di esseri»? Un monumento intoccabile della cultura moderna? O un nostro contemporaneo? Per misurarsi con personalità totali come Leonardo — di cui sono già iniziate le celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della morte (il 2 maggio 1519) — si possono imboccare tante strade. È possibile contemplarle, ammirandone l’immenso talento. Oppure, è possibile ricostruirne le traiettorie biografiche e poetiche, svelandone i segreti esistenziali, le frequentazioni con i potenti, i viaggi inquieti, gli interessi molteplici, il palinsesto di enigmi sotteso ad alcuni suoi capolavori, le investigazioni artistiche, scientifiche e tecniche: è quel che fa Antonio Forcellino in una rigorosa e avvincente biografia, Il secolo dei giganti: il cavallo di bronzo (HarperCollins), primo momento di una trilogia dedicata ai padri del Rinascimento.
Ma, forse, è possibile battere anche altri sentieri. Liberare Leonardo dall’identità in cui erudizione e filologia tendono a inchiodarlo. Per rendere giustizia a quella che è la segreta ambizione di ogni classico. Farlo «accadere» qui e ora. Interrogarlo, al di là di ogni anacronismo. Per renderlo vivo, bruciante.
Un simile gesto critico diviene necessario nel momento in cui ci si confronta con Leonardo, il quale sembra aver lavorato più per noi che per i suoi contemporanei. Egli non ha quasi mai realizzato le sue intuizioni, le sue profezie. In anticipo sulla sua epoca, ha pre-visto scenari futuri e dispositivi possibili in diversi territori, rielaborando soprattutto idee che altri prima di lui avevano già vagheggiato. Ha declinato quelle «visioni» in progetti esecutivi, che presto ha abbandonato, dopo averne verificato l’irrealizzabilità. Inoltre, egli, come emerge dai suoi scritti e dai suoi fogli, amava procedere per cenni e per rivelazioni, pronto a passare continua- mente da un «quadrante» a un altro, sapiente nel trasgredire i confini tra discipline e pratiche. Quasi lasciando a chi sarebbe venuto dopo di lui il compito di rendere concrete le sue utopie nell’ambito della fisiognomica e della meccanica, dell’architettura e dell’ingegneria idraulica, della cosmologia e dell’aeronautica. Si potrebbe dire che Leonardo non ha inventato il jet né la rete ma ha avuto geniali intuizioni sulla possibilità del volo artificiale e forse anche del web.
L’attualità della sua figura è colta ora da Marco Malvaldi e da Mario Milizia. Da un lato, La misura dell’uomo (Giunti), il romanzo di Malvaldi — primo in classifica questa settimana — ambientato nella Milano rinascimentale, costellato di presenze stranianti (ruspe, SUV): è il 1493 quando Ludovico il Moro chiama alla sua corte Leonardo, affidandogli l’incarico di costruire la statua di Francesco Sforza; una notte, all’ingresso del Castello Sforzesco, è trovato un cadavere; a Leonardo — detective moderno — viene dato il compito di collaborare all’inchiesta; intanto, spie e loschi figuri cercano di mettere le mani sui taccuini dove egli annota appunti e osservazioni. Dall’altro lato, Portami via, il piccolo e prezioso film di Milizia. Vi si parla di un tal Renato, giovane creativo di oggi che collabora con uomini di potere, è coinvolto nell’organizzazione di fastose feste, studia cadaveri, viaggia tra Milano, Roma e Parigi, ha frequentazioni ambigue con ragazzi. Il regista non mostra volti né luoghi. Pochi cenni storici. Accompagnato da minimi effetti sonori, il racconto è affidato a fotogrammi aniconici, che ricordano da vicino il cinema delle origini e le opere di artisti concettuali come Kosuth: parole nere su fondi bianchi e viceversa. Si leggono i vari «pannelli» e ci si chiede chi sia mai questo irrequieto hipster postmoderno. Solo alla fine si scopre che Renato è una maschera differita e attuale del maestro de L’ultima cena.
Leonardo, dunque. Un nostro contemporaneo.