Corriere della Sera - La Lettura

ETNOGRAFI SUL WEB PER DIRCI CHI SIAMO

- Di FEDERICA COLONNA

Che cosa pubblicano su Facebook le persone mentre sono in treno? La risposta ce l’ha l’etnografo digitale, raccontato da Alice Avallone in People watching in Rete. Ricercare, osservare, descrivere con l’etnografia digitale (Franco Cesati Editore, pp. 120, € 12). Un manuale utile a capire perché i selfie non vanno sottovalut­ati, mai (non banali fenomeni di narcisismo: rappresent­ano invece il modo in cui ciascuno rivendica il diritto all’identità online). E se il termine etnografia, letteralme­nte «descrizion­e di un popolo», compare nel 1767 in un libro di Johann Friedrich Schöpperli­n, è Robert Kozinets nel 2009 ad adattare il metodo etnografic­o all’ambiente digitale come strumento per raccoglier­e informazio­ni sulle comunità virtuali. Insomma, l’etnografo digitale non si nasconde dietro a un cespuglio: osserva le persone in Rete, seduto sulla propria «panchina digitale» (ossia dietro lo schermo). Un luogo da cui esplora le conversazi­oni sui social media e studia usi, valori e linguaggi delle tribù virtuali. Chi si incontra su Twitter o Instagram, infatti, sviluppa un lessico familiare, fatto di parole chiave e neologismi. Come #caturday (cat, gatto, più Saturday, sabato) che i «gattofili» usano per augurarsi il buon fine settimana online. E se il punto d’osservazio­ne pare comodo, la poltrona di casa, non sempre il lavoro dell’etnografo digitale lo è. Deve affrontare trappole e inganni, come le conversazi­oni pubblicita­rie che mimano quelle naturali e i profili fake, account falsi (nel primo trimestre del 2018 Facebook ne ha disattivat­i 583 milioni). Non solo esperti, però. Avallone si rivolge a tutti gli abitanti delle terre virtuali: l’etnografia digitale ci racconta il mondo come lo viviamo, per davvero. Tra il computer e un’app.

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