Corriere della Sera - La Lettura
Tre sfide e una trappola Ecco dove va la fisica
L’infinitamente piccolo, l’infinitamente grande, i sistemi complessi. Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia dei Lincei, indica le direttrici della ricerca. E mette in guardia: l’enfasi sulle applicazioni immediate è una follia
«Potremo imparare cose straordinarie studiando il comportamento collettivo dei sistemi complessi. Un singolo neurone non costituisce una memoria, tanti neuroni assieme sì. Lo stesso discorso vale per i mattoni: una cosa è la scienza del singolo mattone, altra cosa è l’architettura. L’architettura si basa sull’esistenza dei mattoni, ma ha concetti che non sono facilmente deducibili dalla conoscenza del singolo mattone. Questo per dire che il comportamento collettivo di un sistema complesso è qualitativamente diverso dal comportamento delle sue singole parti»: così Giorgio Parisi, uno dei maggiori fisici, spiega il campo di ricerca in cui ha dato contributi fondamentali in questi decenni. Indagare i sistemi disordinati e i «vetri di spin» (materiali magnetici le cui proprietà ricordano quelle di un vetro) significa individuare modelli teorici capaci di fornire utili applicazioni anche in biologia, immunologia o intelligenza artificiale. Membro della National Academy of Sciences degli Usa e da agosto presidente dell’Accademia dei Lincei, Parisi ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui la medaglia Boltzmann, il premio Dirac e la medaglia Max Planck. «La Lettura» lo incontra nel suo studio di Palazzo Corsini a Roma.
Professore, partiamo da questa teoria dei comportamenti collettivi…
«Pensiamo a due fenomeni conosciuti: l’acqua che bolle e l’acqua che ghiaccia. Sono eventi a cui siamo abituati, ma di fatto stranissimi. Vediamo una sostanza che all’improvviso cambia forma soltanto perché è cambiata di poco la temperatura. Si tratta di una mutazione collettiva: non è il singolo atomo, non è la singola molecola di acqua che ghiaccia o che bolle, è una cosa che riguarda una quantità abbastanza grande di molecole. A questi comportamenti relativamente semplici, si aggiungono sistemi più complicati».
Un esempio?
«Immaginiamo un gruppo di persone che devono sedersi ai tavoli di un ristorante. Ciascuno cercherà di prendere posto vicino a un amico. Se l’amico del mio amico è anche mio amico tutto va bene. Ma se l’amico del mio amico è mio nemico allora cominciano i problemi. Si possono costruire materiali che hanno proprietà di questo genere e che sono modellati dai vetri di spin, una teoria alla quale io stesso ho dato contribuiti importanti. Nel seguito, Hopfield ha introdotto un modello matematico della memoria del cervello che si fonda sull’esistenza di sinapsi eccitatorie e sinapsi inibitorie: proprio come gli amici e nemici di cui parlavamo prima. Questo modello è stato molto influenzato dalla fisica dei vetri di spin. Adesso, moltissima dell’intelligenza artificiale che si trova nelle applicazioni più comuni di internet si basa sulla te- oria dei vetri spin e le reti neuronali».
Quali sono oggi le grandi sfide della fisica contemporanea?
«Le direzioni sono essenzialmente tre. Sono diverse, ma possono convergere: la prima è l’infinitamente piccolo, la seconda è l’infinitamente grande (non solo spazialmente, ma anche nella sua dimensione temporale) e l’ultima è la complessità delle cose».
Quali problemi studia l’infinitamente grande?
«Si tratta di capire la struttura dell’universo: di che cosa è fatto, se la materia oscura di cui si parla tanto esiste davvero; e poi quando è cominciato, che cosa è successo nei primi istanti della sua vita».
E l’infinitamente piccolo?
«Sappiamo da più di un secolo che gli atomi sono fatti di nuclei e di elettroni, da ottant’anni che i nuclei sono fatti di protoni e neutroni, da trent’anni che i protoni sono fatti di quark. E abbiamo capito abbastanza bene anche le interazioni che ci sono tra queste particelle. Si tratta di conoscenze che hanno originato il “modello standard” della fisica delle particelle elementari che prevedeva l’esistenza del mesone W e del bosone di Higgs, particelle scoperte a Ginevra con il contributo fondamentale di fisici italiani. Che cosa viene dopo però non lo sappiamo. Nel modello standard ci sono, ad esempio, sei tipi di quark, ciascuno con una massa differente; ci sono leptoni e neutrini, anche loro con masse ben precise, e non si capisce se c’è qualche motivo profondo per cui alcuni sono leggeri e altri pesanti, o se tutti questi valori diversi sono invece un po’ casuali. A questa domanda importante non sappiamo ancora rispondere. E non sappiamo rispondere a un’altra domanda: che cosa troveremmo a scale molto più piccole e dunque a energie più alte?».
Qual è la controparte in laboratorio di quel l a materia osc ura di c ui gl i astronomi ci assicurano l’esistenza?
«Secondo loro dovrebbe essere il tipo di materia più comune nel nostro universo. Ma la materia oscura è praticamente trasparente, ci attraversa senza toccarci ed è difficile identificarla. In questo senso i due infiniti si ricongiungono: gli esperimenti del Cern, a caccia di queste particelle, potrebbero dare risposte sulla struttura dell’universo nel suo insieme. Ecco un esempio di legame tra la fisica dell’infinitamente piccolo, cioè la fisica delle alte energie, e la fisica su grande scala, cioè quella dei buchi neri, la cosmologia».
E la terza sfida legata alla fisica della complessità?
«È una direzione indipendente. Attorno a noi troviamo materia relativamente omogenea come l’acqua, fatta di tante molecole tutte uguali, e troviamo esseri viventi che hanno una struttura estremamente complessa, organizzata su più livelli. Prendiamo un cane: possiamo descriverlo dicendo che cosa fa, se dorme, corre, abbaia; possiamo guardarlo più da vicino studiandone i livelli ormonali e come cambiano i suoi neurotrasmettitori; possiamo studiarne gli organi, le singole cellule (che sono oggetti molto complessi e organizzati) e solo dopo un viaggio molto lungo arriviamo agli elementi fondamentali che sono gli oggetti della fisica, gli atomi, le molecole eccetera. La maggior parte degli oggetti e tutti gli esseri animati che abbiamo attorno a noi hanno questo grado di complessità. Ma anche, per fare un altro esempio, fenomeni geofisici come i terremoti presentano un alto grado di complessità».
In molti bandi europei si chiede agli scienziati di anticipare i risultati della ricerca per rispondere ad alcuni parametri. Come si possono conoscere i risultati della ricerca prima di iniziarla?
«L’enfasi sulle ricadute immediate è una follia. È famosa la risposta di Faraday al ministro britannico che gli chiedeva a cosa servissero i suoi esperimenti sull’elettromagnetismo: “Al momento non saprei — disse — ma è assai probabile che in futuro ci metterete una tassa sopra”. È chiaro che molti bandi attuali sono costruiti per conoscere le applicazioni. Ma nella ricerca autentica non sappiamo prima da dove verranno le applicazioni. Se si investirà nei progetti in cui si scopre solo ciò che ci si aspetta di scoprire, si ipotecherà il futuro della ricerca...».