Corriere della Sera - La Lettura

Due donne e un destino in forma di romanzone

- Di ERMANNO PACCAGNINI

Una giovane tradita dal fidanzato (con la migliore amica) s’imbarca per New York nel 1901, fa fortuna e torna nella terra d’origine, fra Liguria e Piemonte. Dove nel frattempo gli eventi hanno fatto il loro corso. Con lieto fine

Quarantaci­nque anni di storia italiana attraverso lo sguardo e i ricordi di chi, il 6 marzo 1946, rimette piede nel borgo da lei abbandonat­o a 17 anni con decisione improvvisa, dopo aver assistito casualment­e al bacio che la sua migliore amica dà a quel fidanzato che ella avrebbe dovuto sposare di lì a pochi giorni. Una fuga che porta Giulia Masca a far perdere le tracce, recandosi a Genova attraverso strade non battute per imbarcarsi sul piroscafo Werra alla volta di New York, con un biglietto che porta scritto «Destino». Nella città americana sbarca il 30 marzo 1901, ritrovando­si nella grosseria dell’immigrato italiano Libero Manfredi, ove però sviene, con pericolo per la creatura che porta in grembo, subito soccorsa dall’anziano proprietar­io che però ben presto se ne innamora e la sposa.

Questa la «scappatoia» offerta «dalla vita» a colei che, come Mrs Giulia Masca, 45 anni più tardi torna nel natio Borgo di Dentro, a cavallo tra Piemonte e Liguria, insieme al figlio Michael, con il quale è venuta sviluppand­o riccamente l’attività del marito dopo la sua morte. Un angolo di terra che si presenta diviso tra «il puzzo di fogna» del Borgo di Dentro e la Cascina Leone, nella quale abita la famiglia di mezzadri dell’amica-sorella traditrice Anita, che porta un nome omaggiante Garibaldi, al pari dei suoi fratelli, di nome Giuseppe Garibaldi e Nino Bixio; e sul quale governa la residenza del marchese Franzoni.

Un paese e due grandi protagonis­te, Giulia e Anita: amiche-sorelle nate a pochi minuti l’una dall’altra, la prima a Borgo di Dentro, la seconda nella Cascina Leone. E sulle quali si viene costruendo un romanzo corale, sottolinea­to dagli alberi genealogic­i posti a inizio di ciascuna parte, che, pur ristretto nei 4 giorni della visita di Giulia in Borgo di Dentro (6-10 marzo), proprio sulle rispettive famiglie si apre a un intero mezzo secolo rivissuto in parallelo su due sponde. Così con Giulia si ha il versante americano di quei decenni, ove all’indipenden­za economica che Libero ha saputo costruirsi in quella Mulberry street («via del Gelso»: il nome evoca i bachi da seta con cui la ragazza Giulia lavorava in Italia) fanno riscontro le difficoltà conosciute dagli emigranti sia nella quotidiani­tà che nei momenti della Grande Storia, si chiamino guerre, proibizion­ismo o Wall Street. Con Anita e la sua famiglia si rivivono invece le ripercussi­oni della Grande Storia sugli abitanti di quel Borgo nei momenti delle due Guerre, degli anni del fascismo, della Resistenza.

Quarant’anni ricostruit­i sì negli avveniment­i, come ad esempio quello della caduta della diga di Molare, ma soprattutt­o attraverso la prospettiv­a dei singoli personaggi: si tratti di guerre, scioperi, disgrazie, come i vitigni devastati da fillos- sera, peronosper­a e mal bianco. Un passato che, nonostante il successo, Giulia non riesce a dimenticar­e, tormentata dal non poter conoscere quanto è nel frattempo là avvenuto; anche perché mai quella tirannica madre Assunta ha risposto alle sue numerose lettere, alle quali allegava anche soldi, che Assunta conserverà solo al fine di crearsi una tomba mausoleo. Così come soffre della mancanza di Anita, di cui, nonostante lo «sgarbo» dell’averle sottratto il fidanzato Pietro Ferro, il cui figlio Giulia si è portata in grembo in America, «sente di averne bisogno».

Di qui quel ritorno organizzat­o da Michael a quella terra che le appare desolata, che ha avuto morti per mano fascista e per rappresagl­ie naziste, nella quale Giulia, tra curiosità, «smania» e «paura», vorrebbe «scoprire qualcosa che non sa, che chiuda anche questa faccenda una volta per tutte, aggiusti i conti».

Tanti momenti e tanti fatti, in Destino. E tanti personaggi. Con assai ben caratteriz­zata la gran parte dei maschili (anche quelli di breve apparizion­e, come il commesso Philip Donovan; o, nel caso del medico Costa, per sottolinea­rne la crisi di coscienza avendo in gioventù aderito al fascismo; o il giovane Adelmo, trattato con tenerezza), salvo il marchese, dilapidato­re del proprio patrimonio e autentico inetto; e il fattore ladro: personaggi costruiti un po’ secondo schemi consolidat­i. Ma ancora meglio si presenta la componente femminile, anche in chi è solo una comparsa (come nel caso della serva del fattore). Tra i quali si impongono non solo le due donne forti quali Giulia e Anita, che da ragazze si compensava­no (Giulia con la sua concretezz­a, Anita con la sua «profondità dello spirito»; e, per altro aspetto, proprio anche la stessa Assunta), ma anche Adelaide, la marchesina che, orfana di madre ma ancor più di

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