Corriere della Sera - La Lettura

E Platone rivelò la verità sul #MeToo di Alcibiade

- Di MAURO BONAZZI

Il «Simposio», opera dedicata all’eros, mette in scena la relazione tra Socrate e l’ambizioso giovane ateniese. Ma il pensatore condannato a morte aveva forse avuto in precedenza un rapporto amoroso con Aspasia (la compagna del leader politico Pericle), che probabilme­nte nel dialogo si cela dietro la figura di Diotima, una misteriosa sacerdotes­sa di Mantinea

Ancora in tarda età lei lo malmenava, lo aveva rivelato lui stesso. E sì che per lei Socrate aveva provato un’«insaziabil­e passione», riferisce il poeta Ermenesiat­te. Che fosse successo qualcosa davvero? Clearco, un allievo di Aristotele, ne era convinto e fu l’unico a squarciare un velo di reticenze e silenzi che conveniva a molti. Aspasia era stata per anni la compagna di Pericle, il leader di maggiore rilievo della città: ad Atene lo sapevano tutti e tutti ne parlavano. Ma «in precedenza», scrive Clearco, «era stata la compagna di Socrate». Una relazione amorosa tra Socrate e Aspasia? Alcuni dettagli del Simposio, uno dei pochi dialoghi platonici a parlare della giovinezza del filosofo, qualche sospetto lo sollevano.

Intanto occorre sgomberare il campo dalle informazio­ni false. Socrate non era povero, se si poteva permettere la costosa armatura che lo protesse in diverse spedizioni militari; e le sue origini non erano così umili: il padre, non nobile ma ben inserito nel mondo dell’aristocraz­ia ateniese, aveva avviato una brillante attività edilizia, che Socrate avrebbe dovuto ereditare, se non avesse avuto altro per la testa. Ebbe non una ma due mogli, la misteriosa Mirto e Santippe, molto più paziente di quanto non affermino le fonti antiche (tutti maschi gli autori, ovviamente). E poi non è vero che sapeva di non sapere nulla. La precisione, qui, è essenziale: nelle questioni amorose ( tà erotikà) Socrate sapeva ed era fiero di sapere. Aveva imparato quando era giovane, rivela nel Simposio. A introdurlo ai misteri d’amore era stata una sacerdotes­sa di Mantinea. Diotima, questo il suo nome, è chiarament­e una finzione: alla lettera significa «onore di Zeus». Zeus era il soprannome di Pericle. Difficile resistere alla conclusion­e: che davvero si nascondess­e Aspasia dietro Diotima?

È una possibilit­à che ha intrigato molti lettori, nel corso dei secoli. Il musicista e studioso britannico Armand D’Angour la difende con vigore nel suo nuovo libro Socrate innamorato (Utet). E ancora resta da dire di Alcibiade, il vero protagonis­ta del Simposio, nipote di As p a s i a , f i g l i o a d ot t i vo d i Pe r i c l e ; l’amante di Socrate. L’anello che tiene insieme la catena.

Che cos’è l’amore? È la forza che opponiamo alla morte, al tempo che tutto divora. Per questo i corpi c’entrano, ma solo fino a un certo punto: perché quello di cui amore è davvero in cerca non è possesso, ma creazione, generazion­e.

Amore è bisogno di bellezza e la bellezza non è oggetto da possedere, sfugge come acqua dalle mani. È uno stimolo a creare insieme. Dare realtà a ciò che è bello: non è questo procreare — figli, pensieri, azioni? Ecco, amore è lasciare una traccia di noi, qualcosa di nuovo al posto del vecchio, in un mondo che perennemen­te si trasforma e si distrugge. Questo aveva insegnato Diotima e questo Socrate aveva ripetuto ai suoi amici durante il banchetto che Platone immortala nel Simposio. Ma è possibile spiegare amore con le parole soltanto? Improvvisa­mente era cambiato tutto.

Un rumore sordo di passi, urla scomposte, flauti che suonano: ubriaco fradicio, Alcibiade irrompe nella sala del banchetto, con il suo carico di passioni ed emozioni. Poteva essere diversamen­te? Non terrà alcun discorso in lode di amore, però, a differenza degli altri. Rifiuta, e non solo perché fatica a reggersi in piedi. Attaccato alla vita, non ha tempo per pensieri astratti: l’amore sono le persone che si amano.

Socrate inizia a dare segni d’inquietudi­ne: ad Alcibiade non è sfuggito che stava sdraiato accanto al più bello della serata. Il solito Socrate, bestiale e satiresco, capace di parole sublimi con cui poi irretisce implacabil­e le prede. Lo aveva capito bene Zopiro, l’inventore della fisiognomi­ca: anche uno sguardo superficia­le ai suoi lineamenti, aveva affermato, bastava a rivelare quanti vizi e bramosie Socrate nascondess­e dentro di sé. Gli allievi avevano protestato, ma Socrate aveva confermato.

Alcibiade era scoppiato invece in una sonora risata. È pericoloso, Socrate, e nessuno lo sa meglio di lui. Di questo tratterà dunque in quella memorabile serata, della loro storia d’amore: è ora che si sappia finalmente la verità. Il discorso è un manuale perfetto per imparare le tecniche di corteggiam­ento; è il «teorema» di Socrate: non aveva detto di essere esperto nelle «cose d’amore»? Ma è anche il momento #MeToo di Alcibiade; ed è il capolavoro di Platone, perché tutto apparirà diverso da come sembrava.

Il primo passaggio è prevedibil­e, quasi scontato: professa indifferen­za, «fai sentire che è poco importante». All’inizio Socrate sembra Aldo di Aldo, Giovanni e Giacomo, quando spiega la canzone di Marco Ferradini Teorema nel film Chiedimi se sono felice. Ma devi anche, caro lettore o cara lettrice (con Socrate le distinzion­i di genere saltano, va bene tutto), cogliere il momento giusto per lasciare cadere una parola, per compiere un gesto capace di rompere il muro dell’indifferen­za. Qualcosa s’incrina e nella crepa bisogna infilarsi lesti.

Socrate lo fa in maniera magistrale nel Carmide, sbarazzand­osi con una scrollata di spalle di tutti gli altri spasimanti (e sì che Socrate aveva vacillato non poco dopo che l’occhio gli era caduto dentro il vestito del bel giovane: il cerbiatto si era quasi mangiato il leone, aveva ammesso). Il difficile viene dopo. Eros, il desiderio, è una questione di parole: le parole creano, illudono, promet

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy