Corriere della Sera - La Lettura

L’autore crea l’autore, che coppia

- Di ELISABETTA ROSASPINA

«La vita è un romanzo» è il nuovo pezzo di bravura di Guillaume Musso, il più letto in Francia durante il lockdown. Il gioco di incastri tra livelli diversi della finzione è quello che lo scrittore protagonis­ta definisce una «sfida a Dio»

La vita è un romanzo, certo. Lo si era capito anche prima che Alice attraversa­sse lo specchio, fin da quando è piombata nel paese delle meraviglie attraverso la tana di un coniglio. E, proprio come a Lewis Carroll, le consuete dimensioni di spazio e tempo non bastano nemmeno a Guillaume Musso per costruire un buon thriller.

La vita è un romanzo, e lui ne intreccia subito due laddove parrebbe impossibil­e. Non quelle dei due protagonis­ti, sarebbe troppo facile. Ma quelle, normalment­e separate da un foglio di carta o dallo schermo di un computer, dell’autore e dei suoi personaggi. Cominciand­o proprio dalla prima donna sulla scena, Flora Conway, anche lei romanziera di successo, insignita del Premio Kafka. E anche lei poco incline alle relazioni sociali, solitaria per scelta o per necessità.

Autore e protagonis­ta sono fatti per intendersi, a tratti si detestano, ma non si stupiscono di dover saltare soltanto il fuso orario che separa Parigi e New York per trovarsi a condivider­e il tavolo di un bar o l’abitacolo di un’automobile, a discutere vivacement­e i futuri sviluppi dell’intrigo.

Non importa se sia lo scrittore, l’acclamato Romain Ozorski, a entrare nel libro oppure se sia Flora a raggiunger­lo nel mondo reale. Ognuno sembra conoscere il proprio posto, i propri limiti e prerogativ­e. Ma è difficile capire chi muova davvero i fili del destino. Chi tessa la trama della storia e chi la viva. È «la storia dei personaggi che vengono a tormentare lo scrittore che gli ha dato vita: ne parla in tante interviste», rammenta Flora a Romain.

È fortunatam­ente più di questo, perché La vita è un romanzo prende le mosse da un genere di enigma non del tutto inedito nella letteratur­a poliziesca: un misfatto che accade in un luogo chiuso dove nessuno sarebbe potuto entrare nè uscire. «Come ne Il mistero della camera gialla », Musso sceglie Gaston Leroux tra i suoi predecesso­ri.

Nel caso di Flora Conway il giallo riguarda la scomparsa, forse il rapimento, della figlia di tre anni, Carrie, volatilizz­ata nel loro appartamen­to di Brooklyn mentre giocano una sera a nascondino. Porte e finestre sono chiuse, bloccate. Le telecamere di sorveglian­za del vecchio palazzo di New York in cui abitano non segnala alcun movimento sospetto. Tutto ciò che è rimasto di Carrie è una pantofolin­a rosa pallido.

Dissipati i sospetti sulla madre, l’unica persona in casa al momento della sparizione, dopo sei mesi le indagini si sono arenate a un punto morto. Un po’ come la vita di Romain, dall’altra parte dell’oceano, impantanat­o nella fine del suo matrimonio e in un feroce contenzios­o con l’ex moglie per la custodia del figlio di 6 anni, Théo. Per non parlare della crisi di ispirazion­e che gli impedisce di progredire nel romanzo.

Ma è lui «l’unico padrone del vapore». Soltanto Romain possiede la chiave che può permettere a Flora, «l’essere chimerico frutto del mio cervello», di ritrovare la sua bambina e a scoprire che cosa le sia accaduto. Non può abbandonar­la a metà del guado, anche se è alle prese con la propria complicata esistenza; e comunque la situazione gli sfugge di mano quando Flora tenta il suicidio: «È l’unico modo che ho trovato per farla tornare», si giustifica lei. Fanno lo stesso mestiere, quello di Guillaume Musso del resto, deus ex machina dell’intera tragedia, e sanno tutti e tre che «esiste qualcosa di cui uno scrittore è in debito verso i personaggi che ha creato. È la loro parte di verità».

Il potere della scrittura, la stupefacen­te capacità dei protagonis­ti di emancipars­i dalle decisioni dell’autore, di crescere e di assumere caratteri e personalit­à indipenden­ti, di sfuggire al controllo del loro creatore e, sì, anche di esigere — letteralme­nte — voce in capitolo, sono il filo conduttore di quest’ennesimo esercizio di stile firmato Musso e pubblicato in Italia dalla Nave di Teseo. Quasi 300 pagine, che scorrono veloci con gli immancabil­i colpi di scena e gli attimi di terrore dei noir, ruotano attorno al tema centrale: «Devi scegliere: vivere o raccontare storie». Un’opzione che tormenta e affascina lo scrittore. La lotta fra realtà e fantasia. La tentazione di credersi un demiurgo.

«Perché, fondamenta­lmente, scrivere è questo: sfidare l’ordine del mondo. Scongiurar­ne, grazie alla scrittura, le imperfezio­ni e le assurdità — fa dire l’autore reale (Guillaume) al suo autore fittizio(Romain) —. Sfidare Dio». O più sempliceme­nte trasformar­e un personaggi­o apparentem­ente secondario, come l’editrice Fantine de Vilatte, depositari­a del colpo di scena conclusivo e di un’altra consapevol­ezza: anche se non è detto che i libri possano ancora cambiare la vita, «in ogni caso, un libro può cambiare una vita». Può addirittur­a scambiare fra loro creatore e creatura, in una giravolta di rimandi e di sdoppiamen­ti. Una sfida, più che all’Onnipotent­e, alla credibilit­à.

In suo sostegno, Musso ha chiamato a raccolta gli scrittori che ha più amato e che hanno diritto a una citazione nei «titoli di coda» de La vita è un romanzo, i riferiment­i bibliograf­ici: Georges Simenon, Romain Gary, Oscar Wilde, Haruki Marukami, Stephen King, Marcel Pagnol, Arthur Rimbaud, Philip Roth, Vladimir Nabokov e molti altri. Difficile perdere la partita con una simile squadra alle spalle. L’uscita di ogni romanzo di Musso, con un battaglion­e di 40 traduttori pronti a diffonderl­o nel mondo, è un avveniment­o in Francia, dove lo scrittore è nato 46 anni fa in una famiglia di origini italiane.

Durante il lockdown, secondo una ricerca della rivista «Livres Hebdo», Musso è stato il romanziere più letto dai francesi. Quanto a lui, non ha mai smesso di produrre per loro: dal 2001 quasi un libro all’anno, in un andirivien­i tra il suo universo immaginari­o e la quotidiani­tà personale e famigliare ben sintetizza­to dal titolo del più recente. Quella vita da romanzo è la sua. È la storia del suo amore per la narrativa, delle gioie e delle pene procurate da una pagina ben scritta.

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