Corriere della Sera - La Lettura
LA MUSICA CANTATA DAI PADRI PELLEGRINI
Tra le onde dell’Atlantico, stretti nel ventre del May
flower, cosa cantavano, nel 1620, i pellegrini sulla rotta dell’America? La colonna sonora di quel viaggio, vissuto come un esodo dalla tenebra alla luce, segue le linee di un’allegoria, insieme esistenziale ed escatologica. Musica come viatico, consolazione, senso di tutto: ce la restituisce il gruppo vocale Stile Antico (sopra), punteggiando di polifonie grandiose il film
The Journey of the Mayflower, visibile su vimeo.com. Seguendo
Of Plimouth Plantation, il diario di William Bradford, governatore della colonia, Stile Antico tratteggia le sofferenze e le speranze dei migranti, rispecchiandole, tra inni, salmi, mottetti, in un percorso musicale dalla cattività alla salvezza. Come nella cupa densità dipinta da John Amner in A stranger
here, «Sono uno straniero qui, come furono tutti i miei padri», «dalla terra al cielo è il mio pellegrinaggio», canto che poi s’accende nella perorazione « O Thou that are the way »,
«O Tu che sei la via, insegnami a trovare la Tua dimora». Oltre
Estans assis aux rives aquatiques di Sweelinck, il pianto presso i fiumi di Babilonia, O sing unto the Lord a new song di Thomas Tomkins libera da un intricato do minore lo scatto in sincope di «cantate le Sue lodi» e la luce di «si rallegri Israele». Tra le onde gelide risuonano Byrd, Dowland, Gibson, Morley: fino allo struggente
Never weather-beaten sail di Thomas Campion. Chissà quanto si saranno identificati, i pellegrini, in questo capolavoro: «Mai un vascello battuto dalla tempesta tanto bramò di giungere a riva». Invocazione finale:
« Vieni presto, Signore dolcissimo».