Corriere della Sera - La Lettura
La serialità vive se accompagna le età dei lettori
Il fenomeno Charles Dickens è il maestro. La lezione di Marcel Proust, i casi di Elena Ferrante e George Martin. E l’esempio perfetto dei nostri tempi: Harry Potter
Come critico interessato esclusivamente al vetusto concetto di «bellezza», devo confessare un limite, probabilmente un pregiudizio: mi riesce difficile valutare il pregio estetico di un’opera scritta che superi un certo numero di pagine. Oltre il limite delle trecento, mi sembra sempre che a decidere la forma non sia più lo scrittore, ma la mole stessa delle parole che ha scritto. Se una forma è una sintesi credibile del mondo, un romanzo perfetto deve anche essere una specie di miniatura, una forza che agisce in senso contrario alla cattiva infinità delle cose e dei fenomeni.
Certo, non posso negare la bellezza di Guerra
e pace o dell’Arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon, perché accade che un grande scrittore, allo zenit del suo talento, domini la sua materia con un piglio michelangiolesco, capace di riscattare l’inerzia estetica della vastità. È proprio per questo motivo che l’onda lunga della serialità, che ha investito in modo così massiccio la letteratura e il cinema, mi angoscia e mi sollecita come una sfida. Se questa è l’Età delle Saghe, sarà pur lecito chiedersi, a fianco di tante opinabili considerazioni sociologiche e generazionali, quale sia la bellezza intrinseca,
quali siano i segreti dell’efficacia di questi grandi cicli narrativi. Tanto più che, a farne un elenco basato sui primi che mi vengono in mente, ci si rende conto che non c’è un genere di scrittura particolarmente adatto a trasformarsi in saga.
Come lettore, posso almeno vantare certe lunghe fedeltà: dai sette volumi di J. K. Rowling sulle avventure di Harry Potter (1997-2007) ai sei del ciclo autobiografico La mia lotta di Karl Ove Knausgård; dall’Amica geniale di Elena Ferrante (quattro volumi dal 2011 al 2014) alle Cronache
del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin, il cui primo volume uscì nel 1996 e la cui conclusione è ormai diventata una leggenda nella leggenda. Molto si potrebbe aggiungere ma l’esemplificazione è già sufficiente a dimostrare che qualunque brodo, dall’intimista al visionario, può essere allungato fino ad assumere la caratteristica «forma informe» della saga.
Una prima cosa andrà notata: in teoria, si può pubblicare tutta insieme una saga (basta che sia stata scritta prima di iniziare a stamparla), e si può leggere senza interruzioni da capo a fondo. Così come si può aspettare la fine della messa in