Corriere della Sera - La Lettura

L’ULTIMO COLTRANE GIGANTE DEL JAZZ

- Di CLAUDIO SESSA

La parabola artistica del grande sassofonis­ta John Coltrane (1926-1967) è tragicamen­te breve. Rivelato da Miles Davis nel 1955, morì di tumore 12 anni dopo. L’attività discografi­ca a suo nome è di soli 10 anni; quella alla testa di propri gruppi inizia appena nel 1960. Eppure la sua produzione musicale è fra le più variegate e ricche di tutto il jazz. Ancora oggi riaffioran­o incisioni inedite che mostrano nuove sfaccettat­ure del suo ingegno; e non pochi dischi coltranian­i illustrano il canone del jazz moderno. Fra questi alcuni hanno già conosciuto sofisticat­e riedizioni, diciamo così, filologich­e: A Love Supreme del ’64, Blue Train del ’58, Live at the Village Vanguar, ’61... Se è ancora da recuperare degnamente l’ultimo periodo, quello più ostico e radicale ma essenziale per cogliere la personalit­à del sassofonis­ta, ora la Warner celebra un altro classico, Giant Steps, vero manifesto estetico inciso nel ’59 e pubblicato proprio 60 anni fa. Primo disco per la Atlantic Records (che dal rhythm & blues di lusso si era aperta al grande jazz: in scuderia aveva il Modern Jazz Quartet, Charles Mingus, Jimmy Giuffre, Herbie Mann, Ornette Coleman), primo disco tutto dedicato alle proprie composizio­ni, i «passi da gigante» coltranian­i sono in primo luogo quelli delle insolite progressio­ni armoniche studiate in questi brani; ma riguardano anche l’intensità espressiva ormai matura di un musicista che coniuga ricerca e ritorno alle radici. Non a caso 3 brani su 7 sono dedicati ai familiari. L’etichetta Rhino amplia il vinile originale a un doppio Cd (o Lp: qui sopra) con altre varianti, già note, degli stessi brani incise in quel periodo; propone anche una versione digitale «super deluxe» di 35 brani (spesso prove interrotte, ma sempre interessan­tissime).

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