Corriere della Sera - La Lettura
Lucrezia debutta nel teatro a fumetti
Lei è una giovane donna che ci assomiglia da matti: difettosa come noi, fragile come noi, delusa in amore come noi; ma è anche capace di disincanto e
autoironia. Si chiama Lucrezia e l’ha inventata Silvia Ziche in una striscia che ora è un nuovo libro e a fine mese diventerà uno spettacolo di Francesco Niccolini interpretato da Amanda Sandrelli. Il debutto sarà a Lucca Comics & Games. La disegnatrice: «È una versione paradossale di me». Il regista: «È un fantastico ritratto di questa Italia». L’attrice: «Ci sono momenti dello spettacolo in cui andiamo giù pesanti, per esempio quando la nonna, cinica e cattivissima, dice che gli uomini sono inutili. È uno show decisamente femminista»
Si può forse parlare di una nuova tendenza che affianca due linguaggi solo apparentemente distanti, il teatro e il fumetto. Il Graphic Novel Theatre — come si può notare, il nome esiste già — ha il grande merito di riuscire ad affiancare due pubblici lontani fra loro per formazione culturale. Lucca Crea, la società di Emanuele Vietina che organizza Lucca Comics & Games (quest’anno trasformato in Lucca ChanGes) — festival toscano dal respiro internazionale — si pone fra gli apripista per questo genere.
Nelle edizioni passate sono stati infatti portati in scena Kobane Calling. On stage, la graphic novel bestseller di Zerocalcare (protagonista successivamente anche di un tour nelle città italiane) e Io sono Cinzia di Leo Ortolani. Quest’anno Lucca Crea proporrà una nuova produzione teatrale, legata a quello straordinario personaggio — in cui ognuno di noi può ritrovare, nel bene o nel male, un pezzetto di sé — che è Lucrezia, inventata una quindicina di anni fa dalla fumettista Silvia Ziche, che l’8 ottobre pubblica un nuovo volume sulla sua eroina, Lucrezia. Tutta, o quasi (Feltrinelli Comics).
Lo spettacolo — Lucrezia Forever! — che sarà in scena nel primo dei giorni di Lucca ChanGes (29 ottobre-1° novembre) è prodotto da Lucca Crea e Teatro del Giglio. Lo firma il regista Francesco Niccolini (noto per la sua collaborazione con, fra gli altri, Marco Paolini e la coppia Enzo Vetrano e Stefano Randisi). In scena Amanda Sandrelli nelle vesti di Lucrezia. «La Lettura» ha raccolto le loro voci.
Partiamo proprio da lei, Lucrezia. Chi è esattamente e cosa rappresenta nel vostro immaginario? Daremmo
prima la parola alla sua creatrice che l’ha trasformata in una specie di eroina e vittima al contempo di questi anni.
SILVIA ZICHE — Lucrezia è una versione paradossale di me. È ovvio che pesca in quella che è stata la mia vita, ma rispetto a me è estrema. Io vivo immessa in tutta una serie di regole sociali e lei non ha molti freni, per cui si lascia andare molto di più. Di me c’è la mia esperienza, però non sono lei. Diciamo che tra noi due è la persona che mando avanti al posto mio.
FRANCESCO NICCOLINI — Lucrezia è una meravigliosa creatura che ci assomiglia da morire, fatta dei nostri difetti, delle nostre debolezze, delle nostre fragilità, delle nostre delusioni, con una grande componente di disincanto e autoironia. Ammetto, non conoscevo Lucrezia prima, ma poi l’incontro è stato fulminante. Bastano poche vignette per innamorarsi
di questa creatura così ricca di sfumature vere, vere rispetto alle nostre vite.
AMANDA SANDRELLI — Quando ho avuto il piacere di conoscere Lucrezia in un primo momento ho notato il fatto che — come capita con i personaggi comici — si esageravano alcuni aspetti reali della vita. Tutti i difetti, e non solo quelli delle donne, del periodo in cui viviamo. Quindi l’egocentrismo, il vittimismo, un po’ di arrotolamento su sé stessi, la dipendenze da tecnologie varie, la paura di invecchiare. In tante cose ci si può ritrovare, perché Silvia scrive molto bene. E come tutti i comici intelligenti, fa ridere, ma fa anche riflettere. A me la comicità becera non mi fa proprio ridere, non la sopporto. Rido per Stanlio e Ollio, sempre. Posso rivedere una scena cento volte e rido cento volte. Pochi sono quelli che mi fanno veramente ridere. Sono esigente per quanto riguarda l’umorismo, quindi sono molto contenta che Lucrezia mi faccia ridere e che possa interpretarla.
Silvia Ziche, questa domanda la possiamo rivolgere solo a lei: come è nata Lucrezia? Qual è il suo dietro le quinte?
SILVIA ZICHE — Lei esiste credo dal 2004. Facevo fumetti già da parecchi anni. È nata prima l’idea di quello che avrei voluto raccontare e poi il personaggio. All’epoca avevo circa 35 anni ed lì che ho cominciato a prendere le prime sberle grosse dalla vita, di quelle che capitano a tutti, tipo amori finiti. Cercando di rimettermi in piedi, pensavo che a volte fraintendiamo l’idea di amore, lo confondia
mo con la voglia di essere amati. Volevo raccontare tutto ciò in maniera divertente in una serie di strisce e mi serviva un personaggio che però non doveva essere una donna perfetta. Volevo fare autocritica in maniera feroce, e volevo però anche criticare altre persone. Mi serviva dunque un personaggio un po’ difettato. Così è venuta fuori lei, che è tutta dinoccolata, con autostima praticamente inesistente e anche il suo nome mi piace, Lu-cre-zia. Mi piace il suono. Lei è spigolosa sia nel carattere che nell’aspetto, ma lo è anche nel nome.
Qual è stato il vostro rapporto con i fumetti in passato, quando eravate ragazzi. Passione, curiosità, cos’altro? AMANDA SANDRELLI — Non sono una grande lettrice di fumetti. Sì, «Linus» lo leggevo, poi sono arrivata fino ad Andrea Pazienza, a «Frigidaire »... Avrò avuto 18 anni, poi ho smesso.
FRANCESCO NICCOLINI — Beh, da bambino «Topolino», ma da ragazzino mi sono letteralmente innamorato delle storie di «Tex». Poi devo dire che per molti anni non ho più seguito il fumetto. Ci sono tornato quando ho scoperto che con la graphic novel si possono trattare gli stessi temi, magari impegnati, che porto a teatro. Io poi sono uno che si diverte come un bambino a sperimentare forme nuove. Ho sperimentato forme di sceneggiature più originali, mi piace uscire dalle forme tradizionali. Vorrei fare ora una graphic novel su Jean-Michel Basquiat, ho anche già la storia scritta.
SILVIA ZICHE — Il mio rapporto con il mondo del fumetto è precocissimo, perché già a 2-3 anni guardavo «Topolino», che mia mamma portava a casa. Mi sono subito innamorata di quei disegni. Ho un ricordo vivido e vivace della mia fantasia di bambina che trasformava ulteriormente quelle vignette in un mondo nuovo. Ci cascavo dentro come in un film: è stato un amore incondizionato e precoce. È il primo linguaggio che ho acquisito, per questa ragione raccontare una cosa a fumetti mi risulta molto facile. Da bambina mi ero innamorata sopratutto delle storie disegnate da Giorgio Cavazzano. Anche se ero molto piccola ne riconoscevo il segno inconfondibile. Poi è venuto Asterix, ma se faccio questo lavoro credo che il merito inconsapevole sia di Cavazzano. Mia mamma mi faceva sparire tutti i «Topolino» perché diceva che dovevo studiare, ma io strappavo le pagine e me le portavo in camera.
Torniamo a Lucrezia. Non è sola, è anche circondata da personaggi unici, la nonna, i genitori, l’ex fidanzato che non vuole abbandonare il divano, il cane Oliver... Che genere di personaggi sono?
FRANCESCO NICCOLINI — Questa gamma di fidanzati/amanti incarna tutti i difetti di noi maschi per cui Lucrezia, da questo punto di vista, è un fantastico ritratto della nostra misera Italietta, perché la protagonista è allegramente impietosa rispetto a uomini e donne. La nonna è un personaggio fondamentale del fumetto, che permette allo spettacolo di prendere pieghe differenti. Ha ammazzato il marito. Ogni tanto lo spettacolo prende una nota più sofferta. Poi c’è anche molta acidità. Raramente, devo dirlo, mi sono divertito così tanto a lavorare. AMANDA SANDRELLI — Una frase che adoro e che assolutamente mi rispecchia è che io vorrei essere amata per quello che sono e non per quello che faccio, anche se non faccio nulla. Francesco è un grande femminista. Ci sono momenti dello spettacolo in cui andiamo giù pesanti. A parte il momento in cui la nonna dice che gli uomini sono assolutamente inutili. La nonna è cinica e cattivissima. Definirei lo spettacolo decisamente femminista, nel senso più nobile della parola ovviamente.
FRANCESCO NICCOLINI — Confermo. Sono molto femminista e pure anti-maschilista.
E allora come sarà lo spettacolo?
FRANCESCO NICCOLINI — Ci tengo a dire che ci crediamo tutti molto. Al punto che consideriamo questo solo il primo passo verso uno spettacolo che sarà in divenire. Quello che doveva essere un monologo è diventato nel frattempo uno spettacolo per quattro attori. In carne ed ossa ce n’è uno, che è Amanda, e gli altri tre sono personaggi animati presi dal fumetto di Silvia. Per la prima volta invece di usare il fumetto come lo sfondo di un teatro di prosa, il fumetto entra come protagonista attivo della storia. Silvia si è dimostrata una persona fantastica, dal punto di vista della disponibilità... sta disegnando per lo spettacolo. E poi ha assunto l’atteggiamento molto saggio di dire: fate pure. SILVIA ZICHE — Lucrezia vive nella mia testa, è ovvio che il mio pensiero di lei è diverso da quello di chiunque altro. Quindi è giusto che ci lavori Francesco, insieme ad Amanda. La mia Lucrezia procede sulla propria strada, la loro pure.
FRANCESCO NICCOLINI — Anche se Silvia mi ha dato carta bianca, io le racconto tutto quello che penso e che faccio. Essendo Lucrezia fatta di strisce molto brevi, non potevo prenderle e attaccarle per farne una storia. La storia, che ho creato io, usa personaggi che esistono e ogni tanto va a pescare invece qualcosa dalle strisce preesistenti. Lo spettacolo da un punto di vista testuale è pronto, dal punto di vista delle prove stiamo andando avanti, mentre tutto quello che è tecnologia, in questa prima fase, è ancora in una versione ridotta. L’obiettivo è di arrivare ad animazioni estremamente raffinate.
SILVIA ZICHE — Quando lavoro, mi metto da sola il fiato sul collo. Mi do io le scadenze. Con personaggi come Disney e Lucrezia vado abbastanza in automatico. Il mio è un lavoro di costruzione a matita. A volte mi sento anche una rattoppatrice: recupero pagine senza buttarle. Altre volte capitano invece anche cose alla Paperino, del tipo rovesciare la china sul foglio quasi finito. Amo il disegno fatto bene, curato. Ora invece va di moda un fumetto fatto molto di getto, molto più veloce. Faccio un po’ fatica ad apprezzarlo, anche se ci sono cose molto belle in giro.
AMANDA SANDRELLI — Lo spettacolo nasce dal rapporto fra me e Francesco. Lui ha riscritto La locandiera di Carlo Goldoni nella versione che io ho portato in giro fino a poco prima del blocco causato dal Covid-19. Il nostro rapporto è nato lì, ci siamo conosciuti, ci siamo piaciuti molto dal punto di vista professionale, e quindi quando hanno proposto a Francesco di mettere in scena Lucrezia, lui ha detto che avrebbe avuto piacere a rilavorare con me. Mi ha proposto, tutti erano
contenti e non so perché (ride, ndr).
FRANCESCO NICCOLINI — In un certo senso, fatte le debite proporzioni, Lucrezia incarna la stessa ferocia elegante, allegra e comica — ma ovviamente non per questo meno impietosa rispetto a tutte le debolezze e fragilità degli esseri umani, uomini e donne, anche se i maschietti ne escono letteralmente devastati — che si trova ne La locandiera che abbiamo fatto insieme, Amanda e io. Ci sono sia il sorriso che la nostalgia, a cui si aggiungono tratti di disincanto. I ritratti delle persone in entrambi i casi non sono mai solo cattivi, sono sfumati, ricchi di autocritica e possiedono la grande capacità e l’intelligenza di saper ridere di noi stessi, che è una cosa bella e sana.
AMANDA SANDRELLI — Lo spettacolo non è semplice, perché completamente diverso da altri. Il monologo comico è difficile. Una cosa rara. Spesso i monologhi sono impegnati, o sociali, o drammatici... quindi sono contenta, perché una volta tanto, in questo periodo poi, poter affrontare un testo decisamente divertente e intelligente allo stesso tempo, non può che far piacere. Dialogherò con personaggi illustrati. In passato ho avuto il piacere di fare l’unico film che ha realizzato Bruno Bozzetto con attori veri,
Sotto il ristorante cinese del 1986. A un certo punto compariva una specie di verme finto, un pupazzo che poteva essere uscito da un fumetto. Ero giovane allora, ma scoppiai a ridere per quell’essere inanimato... E qui con Lucrezia Forever! ne avremo anche. Chissà, forse riderò ancora come una bambina.