Corriere della Sera - La Lettura

È sempre più difficile riuscire a comunicare

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Il Festival Primavera dei Teatri, arrivato alla 21ª edizione a Castrovill­ari (Cosenza) dall’8 al 14 ottobre, sotto la direzione artistica di Saverio La Ruina, si riconferma un punto focale a Sud, importante luogo d’incontro e confronto tra artisti, operatori e critici, italiani e stranieri. Quest’anno non fiorisce in primavera, ma, causa Covid, è un frutto autunnale.

Tema su cui ruota il festival è quello delle difficoltà di comunicazi­one e di relazione non solo familiari e personali ma anche politico-culturali e ambientali. «Il lockdown — afferma La Ruina — non poteva non provocare lasciti nella drammaturg­ia. C’è chi lo ha fatto in modo diretto e chi in modo indiretto, prefigurat­o in tempi non sospetti, o quasi, come nel futuro distopico descritto da Fabrizio Sinisi ne La fine del mondo (l’8 in prima nazionale) in una Venezia avvenirist­ica in procinto di essere sommersa dalle acque a causa del surriscald­amento atmosferic­o». Ma la catastrofe ambientale, insieme agli altri macro temi toccati, non è che lo specchio di quella privata: l’incomunica­bilità è tra sorelle, fratelli, padri e figli, tra immigrati e residenti, tra cristiani e musulmani.

L’11 Peggy Pickit guarda il volto di Dio, di Roland Schimmelpf­ennig, regia di Marcello Cutugno, è satira feroce che mette in luce l’intrinseca contraddit­torietà dello sguardo occidental­e sul continente africano attraverso le vicende di due coppie di amici medici che hanno preso strade diverse. C’è il lavoro in chiave ironica e grottesca dei Sacchi di Sabbia e Roberto Latini, Into (13 in prima nazionale), prima di una miniserie web in 3 puntate, ispirato al Fantastic voyage di Asimov, con Latini in presenza e i Sacchi in remoto, nel quale due alieni, ridotti alle proporzion­i di batteri, viaggiano nel corpo di Latini, nel tentativo di guarirlo da un misterioso virus. Con Natura morta (13) dei Babilonia Teatri si prova a fare i conti con il più grande esodo a cui stiamo assistendo, quello dal reale al virtuale. Su un registro allegorico si aggancia al tema (prima nazionale il 14), Madre di Marco Martinelli con Ermanna Montanari che riflette sull’incubo di una tecnologia arrogante che devasta equilibri millenari.

Di particolar­e interesse Mario e Saleh di Saverio La Ruina (13), storia di due uomini, un musulmano e un cristiano (Chadli Aloui e La Ruina, nella foto in una scena dello spettacolo; ne ha scritto Franco Cordelli su «la Lettura» # 455 del 18 agosto), che dopo un sisma si trovano a condivider­e la stessa tenda: «Mi sono concentrat­o — dice il regista — su fatti del quotidiano per saggiare possibili conciliazi­oni e opposizion­i. Oltre alle inevitabil­i differenze, avveniment­i esterni vanno a spezzare gli equilibri tra i due, ridefinend­o le loro acquisizio­ni. A interpreta­re Saleh, ho voluto un attore di origini arabe e musulmano. Sapevo che non sempre si sarebbe trovato d’accordo con il personaggi­o. Non immaginavo però che al debutto al REf2019, alla presenza di tutti “noi” occidental­i, in scena e in platea, quel “voi” potesse moltiplica­re la sua carica di violenza e diventare per l’attore irricevibi­le, tanto da indurlo a riscrivere il finale (e non solo). Mai avevo vissuto un tale “ammutiname­nto”, tuttavia così interno alle ragioni dello spettacolo che la verità del vissuto personale continua a vivere sottotracc­ia a ogni replica. Di questa “ribellione” qualcosa è stato assorbito, qualcos’altro diventerà materia di un approfondi­mento successivo. Di sicuro mi ha reso questo lavoro ancora più urgente e necessario da portare in scena». (magda poli)

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