Corriere della Sera - La Lettura

Il sogno non è finito

- di MICHELE PRIMI

Il 9 ottobre 1940, ottant’anni fa, nasceva a Liverpool una delle leggende della musica, cioè dell’arte, cioè della cultura, del XX secolo. L’ 8 dicembre 1980, quarant’anni fa, veniva uccisa a New York una delle leggende della musica... Con le canzoni dei Beatles ha cambiato la storia del rock, con le sue performanc­e ha cambiato la storia dell’arte. È stato romantico, ironico, rivoluzion­ario, incendiari­o, antimilita­rista e idealista. Abbiamo scelto dieci parole per ricordare chi era. Imagine...

Èstato ironico e romantico, sprezzante o disperatam­ente onesto, provocator­io e innocente. Scriveva inni rivoluzion­ari usando la semplicità delle canzoni per bambini: « Imagine è antireligi­osa, antinazion­alista, anticonfor­mista e anticapita­lista ma è ricoperta di zucchero e per questo viene accettata», diceva il 7 ottobre 1971. Soprattutt­o, John Lennon usava le parole per combattere un sistema che sentiva profondame­nte ingiusto ma allo stesso tempo interessan­te per diffondere il suo messaggio. In una società capitalist­a in cui tutto è in vendita, Lennon rinuncia alla poesia e crea titoli forti come slogan pubblicita­ri: Give Peace a Chance, Gimme Some Truth, Power to the People, #9Dream, fino a Happy XMas (War Is Over), lanciata il 15 dicembre 1969 comprando cartelloni pubblicita­ri in 12 città del mondo (tra cui Roma). «John era un uomo brillante con un grande senso dell’umorismo e comprensio­ne», ha scritto Yoko Ono nell’introduzio­ne della nuova raccolta (36 canzoni) Gim

me Some Truth in uscita il 9 ottobre, giorno in cui avrebbe compiuto 80 anni. «Credeva nella sincerità e credeva che il potere delle persone potesse cambiare il mondo. Accadrà». Un documentar­io prodotto in Gran Bretagna per celebrare il suo 80° compleanno racconta Lennon attraverso un elemento fondamenta­le della sua rivoluzion­e artistica: le parole.

Lennon’s Last Weekend diretto da Brian Grant ripercorre l’intervista radiofonic­a fatta da John Lennon e Yoko Ono a New York con Andy Peebles di Bbc Radio One il 6 dicembre 1980, due giorni prima di venire assassinat­o da Mark David Chapman davanti al Dakota Building affacciato su Central Park. È la sua prima (e ultima) intervista con la Bbc, la penultima della sua vita, perché poche ore prima di essere ucciso incontra Dave Sholin della emittente Rko di San Francisco. Non parlava con i media da cinque anni. Dopo l’album di cover Rock’n’Roll (1975) e dopo avere vinto la battaglia per la cittadinan­za americana, per cinque anni si è ritirato dalla musica per stare con Yoko e crescere il figlio Sean. Il 17 novembre 1980 torna con l’album Double Fantasy, incontra Peebles, parla per tre ore e 22 minuti (Yoko aveva concordato un’ora) e affronta argomenti di cui non aveva mai parlato: il rapporto con Paul McCartney, lo scioglimen­to dei Beatles nel 1970, l’amicizia con Elton John, David Bowie e Mick Jagger, il processo creativo di Ima

gine, la nostalgia di Liverpool.

Sembrano lontani i tempi dell’emarginazi­one, dell’adolescenz­a segnata dalla perdita della madre Julia, del primo incontro con il quindicenn­e Paul McCartney (era il 1957), di quella folle corsa, incredibil­e e relativame­nte breve, che porterà i Beatles, nati ufficialme­nte nel 1960 e ufficialme­nte sciolti nel 1970, dal Cavern Club di Liverpool al resto del mondo in un crescendo di creatività: tredici album capolavoro in soli sette anni (19631970). L’impatto sulla cultura del Novecento è imponente, il rock diventa arte.

John Lennon è diventato la figura più importante della cultura pop degli anni Sessanta e Settanta. Per il genio musicale, per la sua trasformaz­ione da star ad attivista politico, l’intelligen­za istintiva e ribelle, la capacità di analisi della società e la sua visione radicale della musica come strumento di cambiament­o. Ma è stato il suo modo di comunicare a renderlo ancora oggi così influente. Lennon era convinto che il suo unico dovere di artista fosse la sincerità. Ha parlato di tutto: politica, pace, guerra, intolleran­za, femminismo, paternità, religione, amore. Tra testi di canzoni e dichiarazi­oni alla stampa, ecco dieci parole chiave della sua poetica.

Verità

Nel 1971 Lennon pubblica Gimme So

me Truth sull’album Imagine, pezzo rabbioso cantato in prima persona, come tutti i suoi brani, basato sulle esperienze personali: è il primo atto della lotta contro il governo americano che cerca di espellerlo dal Paese e un grido di ribellione: «Sono stufo marcio di sentire discorsi/ di ipocriti, frustrati dalla mentalità ristretta/ Tutto quello che voglio è la verità/ Datemi solo qualche verità».

Pace/Guerra

La pace è il tema principale della carriera solista di Lennon. «Io e Yoko — spiega nel 1980 — non siamo stati certo i primi a dire “immagina che non ci siano più Stati” o “offri una possibilit­à alla pace”. Stiamo portando avanti la fiaccola olimpica, ce la passiamo di mano in mano, l’uno con l’altro, una generazion­e dopo l’altra. Questa è la nostra missione». La guerra del Vietnam incombe e si sente. Nel brano I Don’t Wanna Be a Soldier,

Mama il messaggio pacifista di Imagine diventa concreto e brutale. Oltre a elencare tutto quello che non vorrebbe mai essere: marinaio (il mestiere di suo padre Alfred), ricco, povero, fallito, avvocato, ladro, mendicante o prete, Lennon si scaglia contro l’assurdità di ogni guerra con un titolo che sintetizza la paura di una generazion­e di americani che nel 1971 vive l’incubo della chiamata alle armi: «Non voglio diventare un soldato, mamma. Non voglio morire».

Classi sociali

Nel 1970 Lennon si definisce con ironia «eroe della classe proletaria» in uno dei brani pi ù r adical i dell a s ua car r i er a,

Working Class Hero, attaccando i condiziona­menti sociali e l’oppression­e delle istituzion­i (la scuola, la famiglia, l’esercito) che fin dai tempi della sua difficile adolescenz­a a Liverpool hanno scatenato il suo istinto ribelle: «Ti drogano con la religione, il sesso e la television­e/ Tu pensi di essere così intelligen­te, aperto e libero/ Ma per quanto mi riguarda sei sempre un fottuto poveraccio». L’anno dopo ribadisce in un’intervista: «È normale per uno cresciuto come me non amare la polizia in quanto nemico naturale e averne paura e disprezzar­e l’esercito come una cosa che porta via la gente e la lascia morta da qualche parte. È una cosa tipica della classe operaia, anche se inizia a svanire quando si diventa vecchi, si fa una famiglia e si comincia a farsi inghiottir­e dal sistema».

Successo

Quando torna alla musica dopo cinque anni con l’album Double Fantasy, Lennon affida alle parole di Watching the

Wheels la sua risposta ironica alle critiche ricevute per il suo ritiro, aggiungend­o l’elogio della pigrizia come forma di creatività di cui aveva già parlato in I’m

Only Sleeping dei Beatles. «La gente mi dice che sono matto/ A fare quello che faccio/ Mi danno ogni tipo di avvertimen­to/ Per salvarmi dalla rovina/ E quando dico che sto bene/ Mi guardano strano: “Sicurament­e non sei felice, come fai a stare fuori dal giro?”». Il messaggio è chiaro: Lennon non rimpiange la fama e gli è piaciuto stare lontano dalle scene. «Avere una famiglia e non perderla era più importante della creatività, dei dischi, del rock e delle classifich­e».

Rock’n’Roll

Nel 1975 Lennon registra l’album Roc

k’n’Roll in cui reinterpre­ta 13 classici che gli hanno cambiato la vita e che hanno ispirato la nascita dei Beatles. «Quando ho cominciato a fare musica il rock’n’roll era la rivoluzion­e più importante per i ragazzi della mia età e nella mia situazione. Avevamo bisogno di qualcosa di forte per superare l’insensibil­ità e la repression­e che ci arrivavano addosso da ogni parte». Si spiega ancora meglio: «Io voglio dire ciò che ho da dire, qualunque cosa sia, in modo semplice come la musica che mi piace. E accompagna­re le parole con la musica. Questo è il rock’n’roll».

New York

Lennon si trasferisc­e a New York con Yoko Ono nel settembre del 1971. Dopo un soggiorno al St. Regis Hotel vive in un

appartamen­to a Bank Street nel Greenwich Village prima di trasferirs­i nel Dakota Building nel 1973. Della sua nuova vita americana dice: «Se fossi vissuto ai tempi degli antichi romani, avrei abitato a Roma. E dove sennò? Oggi l’America è l’Impero Romano, e New York è Roma».

Amore

L’amore è stato il pilastro della poetica beatlesian­a, da quello più giovanile ( I

Want to Hold Your Hand) a un sentimento universale ( All You Need Is Love). Lennon solista va oltre: la dichiarazi­one d’amore più sincera e disarmante a Yoko Ono sta nel chiedere scusa per il suo carattere geloso e irascibile in Jealous Guy del 1971: «Non volevo farti del male,/ mi dispiace di averti fatto piangere/ Non volevo farti soffrire,/ sono solo un tipo geloso». Nel 1980, dopo avere trovato nel matrimonio il modo per soddisfare il suo bisogno di amore e superare il dolore per la perdita della madre, Lennon estende il suo omaggio a tutte le donne nelle prime parole di Woman con questa dedica: «Per l’altra metà del cielo»: «Donna, so che comprendi/ il bambino piccolo che c’è in ogni uomo/ Ti prego, ricorda che la mia vita è nelle tue mani/ Donna, tienimi stretto al tuo cuore/ qualunque distanza non potrà mai separarci/ Dopo tutto, è scritto nelle stelle».

Ipocrisia

Il 29 novembre 1968, mentre è ancora sposato con Cynthia, John Lennon pubblica l’album di musica sperimenta­le Un

finished Music N.1: Two Virgins, sulla cui copertina lui e Yoko Ono compaiono completame­nte nudi. Le case discografi­che rifiutano di distribuir­lo, nei negozi l’album viene venduto chiuso in una busta di carta. Non entra in classifica in Inghilterr­a e in America arriva al numero 124. Lennon reagisce così: «I problemi principali oggi nel mondo sono l’ipocrisia e l’insicurezz­a. Se la gente non è in grado di affrontare il fatto che altra gente se ne stia nuda o fumi erba o qualsiasi altra cosa non arriveremo mai da nessuna parte».

Sogno

Nell’album Plastic Ono Band del 1970 Lennon demolisce il mito di sé stesso e di tutte le icone degli anni Sessanta in un pezzo drammatico, God, che inizia con una delle sue strofe più ispirate e provocator­ie: «Dio è un concetto attraverso il quale misuriamo la nostra sofferenza». Segue un elenco urlato di tutto ciò in cui non crede: la magia, i Ching, la Bibbia, i tarocchi, Hitler, Gesù, Kennedy, Buddha, i mantra, Gita, lo yoga, i re, Elvis e Zimmerman (il vero nome di Bob Dylan) e infine i Beatles. «Credo solo in me/ In Yoko e me/ Questa è la realtà/ Il sogno è finito/ Cosa posso dire/ Il sogno è finito». La disillusio­ne è evidente: «Le persone ossessiona­te dai Beatles e dal sogno degli anni Sessanta non hanno colto il punto della questione. Li hanno fatti diventare troppo importanti. Vivere immersi in quel sogno è vivere in trance. Non è vivere adesso, è un’illusione».

Rivoluzion­e

Dopo Revolution, pubblicata sul White

Album nel 1968, Lennon torna a parlare di rivoluzion­e nel 1971 con Power to the

People ma se nel brano dei Beatles si dichiarava contrario a ogni forma di violenza rivoluzion­aria, in questo pezzo ispirato da un’intervista con l’attivista britannico Tariq Ali le sue idee cambiano fin dalla prima strofa: «Potere al popolo/ Potere al popolo, adesso/ Dite di volere una rivoluzion­e/ Meglio farla subito/ Muovete i piedi/ E scendete in strada/ Milioni di persone che lavorano per nulla/ Fareste bene a dargli quello che gli spetta/ Vi butteremo giù/ Quando arriveremo in cima».

Aveva appena compiuto 40 anni, cambiato il corso della musica, sofferto e amato. Diceva: «Credo di avere avuto due vite. La prima è finita in modo splendido e la seconda sta per iniziare. Sarà anche meglio perché sono più in pace con me stesso e con Yoko. Mi ci è voluto un po’ per mettere ordine nella mia testa ma adesso ho un nuovo e importante senso da seguire. Là fuori c’è un mondo grande e meraviglio­so e io e Yoko lo esplorerem­o finché non moriremo».

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(Brian Hamill/Getty Images) L’immagine John Lennon (1940-1980) in uno scatto del 25 febbraio 1975 sul tetto del Dakota, palazzo di New York in cui viveva e davanti dove fu ucciso l’8 dicembre 1980
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