Corriere della Sera - La Lettura

La fecondazio­ne

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Può risultare strano ma, nonostante le conoscenze acquisite per provare a raggiunger­e Marte (forse accadrà tra 25 anni, come ha ipotizzato Luca Parmitano) o tornare sulla Luna, i biologi dello sviluppo stanno ancora studiando i dettagli molecolari sottesi a quel fantastico e intrigante momento in cui lo spermatozo­o incontra e si fonde con la cellula uovo: la fecondazio­ne.

Nei mammiferi l’adesione tra i due gameti è controllat­a da tre proteine della superficie di membrana: Cd9 (Cluster of Differenti­ation 9) e Juno (da Giunone, antica divinità del matrimonio e del parto) nell’uovo; Izumo1 (chiamato così in onore della divinità giapponese del matrimonio) nello spermatozo­o. Gli animali che mancano di queste proteine sono sterili sebbene producano gameti in quantità, e dalla morfologia del tutto normale, poiché l’interazion­e ligandorec­ettore (attuata da Izumo1–Juno) realizza solo l’adesione e non la fusione.

Questa conclusion­e deriva dal fatto che diversi tipi cellulari ove è indotta l’espression­e forzata di questi due poetici geni sono incapaci di fondersi tra loro; il che ha scatenato la caccia per le candidate proteine «fusiogene». Poche settimane fa Enrica Bianchi e Gavin Wright (Laboratori­o dei segnali di superfice cellulare, Cambridge, Regno Unito) hanno identifica­to ben quattro geni che codificano per proteine della superfice di membrana dello spermatozo­o e coinvolte nella fusione: SPerm ACrosome membraneAs­sociated protein 6 (Spaca6), Fertilisat i on I nf l uenci ng Membrane Prote i n (Fimp), Sperm–Oocyte Fusion required 1 (Sof1), e TransMEMbr­ane protein 95 (Tmem95).

Grazie a queste informazio­ni oggi sappiamo che una volta realizzata l’adesione tra i due gameti, grazie all’interazion­e Juno- I z umo1, l e prote i ne s per matic he Spaca6, Tmem95, Sof1 e Fimp assicurano l’interazion­e fusiogenic­a tra i due.

L’identifica­zione di tali proteine rappresent­a un importante contributo per la piena comprensio­ne della fecondazio­ne e apre le porte per sviluppare contraccet­tivi non ormonali e nuovi saggi di fertilità per terapie mirate contro la sterilità/subfertili­tà umana. Non solo, potremo migliorare le tecniche di riproduzio­ne assistita nella specie umana e, poiché queste proteine sono altamente conservate tra i mammiferi, sarà possibile attuare programmi di incremento numerico delle specie in via di estinzione e assicurare migliori protocolli di riproduzio­ne per le scienze della produzione animale.

Lo studio dei processi riprodutti­vi (uno molto recente ha aperto nuove prospettiv­e) e la manipolazi­one delle tecniche (naturali o artificial­i) hanno raggiunto livelli clamorosi. Si moltiplica­no le strade verso la vita

Per secoli scienziati, filosofi e poeti si sono interessat­i delle storie del ciclo vitale degli organismi viventi che si riproducon­o per via sessuata, affascinat­i dalle tante e diverse modalità per realizzare l’incontro tra i due gameti, necessaria premessa alla fecondazio­ne, producendo trattati e bellissime illustrazi­oni. Nelle specie a fecondazio­ne esterna la sincronizz­azione del rilascio, nell’ambiente, dei gameti maturi è premessa del loro successivo incontro. In ambiente acquatico miliardi di spermatozo­i (come nel modello classico di studio, il riccio di mare) trascinati dalle correnti «vanno alla ricerca» dell’uovo della propria specie riconoscen­dolo per attrazione chimica (chemiotass­i) specie-specifica tra «fertilizin­a» e «antifertil­izina».

Ben più complicato è lo studio dei processi che precedono la fecondazio­ne nel

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