Corriere della Sera - La Lettura
Intelligente
le specie a fecondazione interna. Mentre gli etologi descrivono e studiano le soluzioni che, evolutivamente, assicurano ad un determinato maschio l’accesso alle risorse sessuali femminili (richiami, competizioni, corteggiamenti), gli immunologi vedono nella fecondazione il primo evento evolutivo nel quale due cellule si riconoscono ( come self) accettandosi: una forma primigenia dello sviluppo del sistema immunitario. Non è un caso che le mutazioni T nel topo (T per tailess, senza coda) co-localizzino sullo stesso cromosoma a fianco dei geni del «maggior complesso di istocompatibilità»: i mutanti T impediscono la ricombinazione del «maggior complesso di istocompatibilità» e sono sterili o subfertili.
Nelle specie a fecondazione interna va precisato che è la femmina ad essere discriminativa, è lei che sceglie il maschio (e noi sapiens ben lo sappiamo). In alcuni casi l’accettazione da parte femminile non è scontata e i maschi divengono fuggiaschi, dopo avere abbandonato un piccolo vasetto di spermatozooi (spermatofora) nella speranza che il «dono nuziale» venga raccolto da una femmina (come nel comune «pesciolino d’argento» Lepisma saccharina delle nostre case). Se lo sforzo riproduttivo per i maschi umani prevede anche cene, fiori e così via, quello dei maschi della mantide religiosa ( Mantis religiosa) prevede il sacrificio estremo di trasformarsi in risorsa trofica per la femmina nel corso dell’accoppiamento. Cannibalizzati! Chiara prova dell’accessorietà del sesso maschile.
È merito degli embriologi la precisa descrizione del processo a livello cellulare ottenuta grazie alla capacità di manipolare i gameti al di fuori del corpo e allo sviluppo delle tecniche di fecondazione assistita. La realizzò per la prima volta nelle rane nel 1777 e nei cani nel 1780 il gesuita Lazzaro Spallanzani, lasciando attonita la comunità scientifica. Il grande abate, protégé di Maria Teresa d’Austria, ricevette eccezionali onori e... lo sguardo riconoscente dei maschietti donatori dello sperma (a tal proposito consigliamo la lettura dei diari di Spallanzani).
La fecondazione in vitro (Ivf) è stata una delle innovazioni decisive del XX secolo riconosciuta con il Nobel per la Fisiologia e la Medicina del 2010 al biologo Robert Geoffrey Edwards, il «papà» di Louise Joy Brown (1978; la prima nata grazie a questa tecnica) e di milioni di altri bimbi. A loro volta, le tecniche di Ivf hanno fornito lo strumento indispensabile per capire il ruolo delle molecole che si ritenevano coinvolte nelle fasi di adesione e legame tra i gameti.
L’avvento di un’altra rivoluzionaria innovazione, quella che consente di «editare» il genoma ( gene editing) così da modificare o eliminare specifici geni, ha permesso poi di superare la mera descrizione cellulare e giungere alla attuale dissezione molecolare. L’analisi di geni ritenuti coinvolti e la loro certa identificazione, ottenuta creando animali geneticamente modificati che mancano di un solo preciso gene, ha permesso di valutarne il ruolo, verificando la fertilità degli animali. Si aprono così opportunità per lo sviluppo di nuove strategie riproduttive grazie alla possibile manipolazione delle proteine fusiogene della fecondazione. Ciò può portare sia allo sviluppo del tanto atteso «pillolo» per il controllo biochimico della fertilità maschile (saremo 10 miliardi tra vent’anni; la vasectomia è risultata inefficiente) sia a terapie mirate per la sterilità maschile, sino a oggi superata solo grazie alla microiniezione nella cellula uovo di uno spermatozoo incapace a esplicare la fusione. La Icsi (Intra Cytoplasmic Sperm Injection) è un’operazione di microchirurgia che permette di assicurare la fertilità a maschi sterili per scarsa produzione di spermi o spermi non funzionali. Migliaia e migliaia di bimbi sono già nati così, saltando la fecondazione, e sono tra di noi.
Varcando il portone del palazzo sede dell’ex Istituto di Zoologia di Pavia, ora un bellissimo museo, dove Spallanzani realizzò la prima fecondazione assistita si legge: Quid hic? Intueri naturam. Quo munere? Curiosum esse («Che si fa qui? Si studia la natura. A quale scopo? Pura curiosità»). Oggi, conosciamo i dettagli molecolari della fecondazione e ne manipoliamo le fasi: la nostra curiosità pone però nuovi interrogativi all’epistemologia genetica e alla filosofia della biologia, poiché dinnanzi alla riproducibilità tecnica del vivente, la fecondazione, evento attraverso il quale siamo tutti passati, risulta accessoria e non può più essere considerata «l’inizio di una nuova vita».