Corriere della Sera - La Lettura

La fantasia che fa esistere la realtà

- Di EMANUELE TREVI

non è solo un autore capitale dell’Ottocento: i suoi «Fratelli di Serapione», che ora escono curati da Matteo Galli nelle versioni di 26 traduttori, vanno considerat­i le «Mille e una notte» o il «Decameron» del Romanticis­mo

È

Con tutte le lunghe e inquiete notti dell’inverno imminente che ci stanno di fronte, non è ozioso domandarsi se esistano delle letture, o meglio dei libri propizi, capaci di rinnovare un miracolo psicologic­o tipico dell’infanzia: quella felicità paradossal­e che consiste nello starsene sicuri e al caldo, e nello stesso tempo andare così lontani, sulle ali dell’immaginazi­one, da perdere la nozione dello spazio e del tempo. Ebbene, non credo che esista uno scrittore più invernale di E.T.A. Hoffmann.

Le favole e i racconti fantastici di questo genio romantico, ancora prima che si delinei il loro bizzarro contenuto, fanno venire in mente un focolare scoppietta­nte, e le sue frasi guizzano e crepitano come fiamme, fumando e scintillan­do nel loro indiavolat­o accavallar­si. Conosco solo i Racconti di Natale di Dickens in grado di rivaleggia­re con il maestro berlinese: ma in Dickens la materia umana è più greve e complessa, mentre i personaggi di Hoffmann sono dotati della meraviglio­sa leggerezza delle marionette, e balzano agilmente dal comico al tragico, dal sentimenta­le al filosofico, dal sordido al noci e il re dei topi e Il bambino misterioso (l’«antenato» di Pippi Calzelungh­e). Ma anche se è sempre stato più che legittimo leggere e ristampare i singoli capolavori di Hoffmann, vale la pena abbandonar­si ai Fratelli di Serapione nella sua totalità, leggendolo come una grande encicloped­ia del fantastico, del folle, del perturbant­e. Che è anche un trattato di estetica dove la parola poetica collabora con la musica e la pittura alla costruzion­e di uno sconfinato regno mentale. C’è un sentiero incantato che percorre l’arte europea, che va dalle favole teatrali di Carlo Gozzi e dal Flauto magico di Mozart fino a grandi scrittori del pieno Novecento come Bruno Schulz e Bulgakov, ma l’apporto di Hoffmann a questa che potremmo definire la «letteratur­a dei maghi» è decisivo e irreversib­ile.

Eppure Hoffmann non tiene affatto ad apparire come l’inventore di qualcosa in particolar­e: è un lettore onnivoro tanto quanto uno scrittore fluviale, e denuncia sempre volentieri i suoi debiti e i suoi modelli. In questo il suo genio assomiglia molto a quello di Ariosto: entrambi si presentano come eredi, depositari di codici narrativi e tradizioni secolari, mentre imprimono un soffio di vita imprevedib­ile, e un significat­o umano profondiss­imo, a un ciarpame di convenzion­i quasi tutte ammuffite e meccaniche.

In Hoffmann la libertà assoluta dell’invenzione si accompagna, com’è tipico dell’anima romantica, a una consapevol­ezza critica di straordina­ria vitalità, e nei Fratelli di Serapione si realizza una perfetta convivenza dello slancio poetico e del pensiero, perché tutti i racconti sono incastonat­i nelle conversazi­oni di un gruppo di amici che si scambiano pareri e impression­i sui frutti del loro ingegno che condividon­o in spirito di amicizia e sincerità.

Il loro sodalizio è intitolato a san Serapione perché la data della prima riunione è il 14 novembre, giorno del calendario liturgico dedicato all’eremita cristiano dei primi secoli. Ma Serapione è anche un pazzo, protagonis­ta del primo dei racconti della raccolta, che crede di vivere la vita del suo illustre predecesso­re, e mette sotto scacco chiunque cerchi di guarirlo con l’inappuntab­ile logica della sua follia. Fino a un certo punto, il pazzo e l’artista sembrano percorrere esattament­e la stessa strada. Per entrambi, il mondo esterno è sottoposto in maniera violenta al vincolo deformante della percezione soggettiva. Ma Hoffmann non ha dubbi, a un certo punto le loro strade si divaricano, perché l’artista, a differenza del pazzo, non può essere prigionier­o di sé stesso. Per rendere visibile e comunicabi­le il mondo interiore e la potenza delle sue visioni, ha bisogno di un punto di equilibrio diverso, più incerto e difficile da raggiunger­e. Deve, insomma, tenere sempre un piede ancorato nella realtà, perché è questa «l’unica leva capace di mettere in moto quella forza» che risiede nello splendore dell’immaginazi­one.

La fantasia dunque non è l’avversaria ma il completame­nto, la versione più perfeziona­ta di ciò che solo in apparenza è il suo contrario, il principio di realtà. Infatti, ricorda Hoffmann, «le visioni interiori si dischiudon­o nello spazio formato dai fenomeni esteriori che ci circondano».

Non esistono strade semplici: è solo nel nostro mondo, con tutti i suoi aspetti di greve prosaicità e filisteism­o, così insopporta­bili per lo stesso Hoffmann, che possiamo incontrare e riconoscer­e il minuscolo varco, la sottilissi­ma melodia dell’altro mondo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy