Corriere della Sera - La Lettura

Hopper spiegato dalla signora Hopper

- Di ANNA GANDOLFI

Pubblicati i libri mastri sui quali la moglie annotava genesi e dettagli di ogni opera

Accanto alle note, gli schizzi del marito che non dava interpreta­zioni. A volte lei lo punge

Titolo: Summer Evening. Esecuzione: 3 ottobre 1947 nello studio di Cape Cod. Colori Winsor&Newton, bianco di piombo e olio di lino. Dimensioni: 30 pollici per 42. Nome dell’acquirente, percorso sul mercato. Il quadro ritrae un ragazzo e una ragazza. Discutono. È sera, è estate. Edward Hopper, l’autore, non concede altro: non sappiamo chi siano quei due, dove, perché. Eppure nella scheda tecnica si conficca una nota rivelatric­e: «Lei insiste per il matrimonio».

La voce fuori campo (sembra quasi di sentirla) è di Josephine Nivison, detta Jo, la signora Hopper che verga l’appunto. Second Story Sunlight è un capolavoro dell’artista americano: è stato realizzato «fra 25 agosto e 15 settembre 1960 su tela Herga». A scrivere ora è Hopper, grafia precisa e asciutta. Riecco l’altra mano: «Due figure. Capelli bianchi, gotico, anziano e pupa. Lei “brava, sveglia ma non turbolenta, un agnello travestito da lupo”, citazione del pittore». È ancora Jo che esplicita ciò che il marito tace. Sono migliaia le schede dei tre libri mastri di casa Hopper: raccolgono 60 anni di lavoro, Jo compila il primo blocco nel 1924 (Hopper era poco più di uno sconosciut­o) e prosegue fino a quando resta vedova, nel 1967. Tra le pagine contabilit­à, descrizion­i, aneddoti. Edward partecipa con schizzi di ogni dipinto e qualche nota tecnica. Una «biografia a quattro mani» che gli studiosi Deborah Lyons e Brian O’Doherty, con Adam D. Weinberg (direttore del Whitney Museum di New York, dove sono conservati i registri), hanno scandaglia­to nel volume Edward Hopper. Dipinti & disegni dai libri mastri. «Le sue tele spartane — scrivono — fissano la quotidiani­tà eppure evocano drammi e nostalgie».

Hopper ha catturato e cattura l’immaginazi­one: nelle scene si è ritrovato anche l’isolamento da pandemia. Quadri semplici, eppure criptici. L’autore, taciturno, raramente dava letture: ecco perché i quaderni sono una miniera. Jo sapeva che cosa faceva: precisa che tutto è «compilato da Jo N. Hopper (signora Edward Hopper) al completame­nto di ciascuna opera, o prima che esca dallo studio. I disegni sono di Edward Hopper». Un’impresa comune: oggi permette di entrare nell’atelier di uno dei più amati autori d’America.

Jo ed Edward s’incontrano alla School of Art di Manhattan e si sposano nel 1924: 42 anni lui, 41 lei. Nivison è pittrice, allora più apprezzata del fidanzato. Robert Henri, il loro prof, la descrive: «Alta un metro e 50, 40 chili, sembra capace di travolgere chiunque le sbarri la strada». Ma dopo le nozze la carriera di Hopper decolla e quella di Jo, sua musa e unica modella, si affloscia: «Non vuole che io abbia scintille».

Al livore alterna l’idillio: lo incoraggia, lo sprona. Nei taccuini la voce della moglie diventa quella del marito, gli schizzi asciutti dell’artista, affiancati dalle descrizion­i ciarliere della consorte, svelano dinamiche di coppia. Una volta ricordano d’aver lasciato casa «all’alba per andare a votare contro Roosevelt», in October on Cape Cod (1946) Jo cita: «Pace, quiete, “nessun canto d’uccelli”. “Un giorno anche tu avrai quiete”. È il verso di Goethe preferito di E. H. (in via assolutame­nte ufficiosa)». Filtra l’incertezza della vita legata alla pittura: una «R» marchia i lavori «rifiutati», Rooms by the Sea (1951) è un titolo-ripiego: « The Jumping Off Place (Posto per buttarsi di sotto) l’hanno cassato». In Approachin­g a City (1946) «la firma è ostinatame­nte sfocata e nascosta»: Ed doveva fare meglio, Jo lo bacchetta. Gli amici ricordano che «ascoltando­li pensavi che avrebbero divorziato da un momento all’altro». Non lo fecero mai.

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