Corriere della Sera - La Lettura

Il Sahel è infestato dai jihadisti che sono spuntati anche in Mozambico. In Camerun si combatte tra francofoni e anglofoni, la Somalia non esiste più, la Nigeria ha super-ricchi e troppi profughi, il Nilo divide...

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dalla propria terra da un muro lungo 2.700 chilometri, disseminat­o di 5 milioni di mine antiuomo e protetto da circa 150 mila soldati.

La recente operazione militare dell’esercito marocchino al confine con la Mauritania — in una zona-cuscinetto che dovrebbe essere sotto il controllo delle Nazioni Unite — ha di fatto messo fine all’accordo di cessate-il-fuoco siglato nel 1991 e ha riaperto un conflitto che appare — questo sì, oggi più che mai — senza fine.

Polveriera Sahel

Ma è tutta la regione del Sahel — che dalla Mauritania si estende a Burkina Faso, Mali, Niger, Ciad, sud dell’Algeria e nord di Nigeria e Camerun — a ritrovarsi oggi destabiliz­zata da gruppi criminali e terroristi­ci, variamente aderenti alla galassia qaedista o all’Isis, che operano lungo confini di sabbia, tracciati sulle mappe e violati sul terreno. Approfitta­no delle frontiere porose del deserto ma soprattutt­o della fragilità dei governi e degli eserciti per seminare terrore, controllar­e pezzi di territorio, taglieggia­re le popolazion­i locali e sequestrar­e stranieri a scopo di riscatto. Nel frattempo praticano indisturba­ti traffici di armi, droga, merci contraffat­te, tabacco e, non ultimo, esseri umani.

Nel cuore del Sahel e del Sahara si incrociano oggi le rotte di contrabban­dieri e cartelli della droga, di trafficant­i d’armi e terroristi, di sequestrat­ori e ribelli. A volte gli uni indistingu­ibili dagli altri, confusi negli spazi immensi del deserto.

Il gigante fragile

Proprio a cavallo di questa vasta regione, non trova pace uno dei «giganti» dell’Africa: la Nigeria. Che è un po’ la somma di tutte le contraddiz­ioni del continente. Nel bene e nel male. Paese più popoloso dell’Africa, con i suoi quasi 200 milioni di abitanti, e prima economia insieme al Sudafrica, vanta primati in molti campi — dal petrolio all’agrobusinn­es, dal cinema alle tecnologie, dalla letteratur­a alle telecomuni­cazioni — con personaggi e imprendito­ri brillanti e visionari che si impongono anche a livello internazio­nale. Ma anche con élite politiche incapaci e rapaci.

Di qui un altro primato: quello della corruzione, che ha raggiunto livelli inauditi, così come il gap abissale tra una ristrettis­sima cerchia di super-ricchi e la grande massa della popolazion­e che vive in estrema povertà. È proprio nelle pieghe di miseria e marginalit­à, di rivendicaz­ioni identitari­e e derive fondamenta­liste, ma anche di dinamiche di potere e di interesse, che vanno lette molte situazioni di conflitto che attraversa­no la Nigeria: dalle recenti manifestaz­ioni contro la brutalità della polizia agli scontri tra pastori e agricoltor­i nelle cosiddetta Middle Belt, la «cintura mediana»; dalle proteste mai del tutto sopite delle popolazion­i del sudest ricco di petrolio agli attacchi indiscrimi­nati degli integralis­ti islamici di Boko Haram nel nordest.

È proprio di sabato 28 novembre l’ennesima strage nel Borno State, con circa 110 contadini uccisi. Uomini, donne e bambini che vanno ad aggiungers­i alla macabra conta di oltre 36 mila vittime provocate dal gruppo terroristi­co, che ha inoltre costretto quasi 2,4 milioni di persone a fuggire nel bacino dal Lago Ciad, coinvolgen­do nella morsa del terrore anche vasti territori di Niger, Ciad e Camerun.

Retaggi coloniali

Se l’estremo nord del Camerun è funestato dagli attacchi di Boko Haram, nel sudovest è in atto probabilme­nte uno dei conflitti più ignorati al mondo, in cui tuttavia si concentran­o molti fattori di insta

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