Corriere della Sera - La Lettura

Il rene suino per gli umani interroga anche l’etica

- di MANUELA MONTI e CARLO ALBERTO REDI

Il primo xenotrapia­nto è avvenuto con l’uso delle tecnologie più avanzate. Ci vorrà ancora del tempo, ma siamo sulla buona strada per combattere il traffico di organi. Adesso anche la filosofia deve pronunciar­si contro le derive tecnofobic­he

Porta la data del 19 ottobre la notizia del primo (xeno)trapianto di un rene di maiale, «umanizzato»: lo ha ricevuto una donna in stato vegetativo per morte cerebrale e che, con l’accordo dei familiari, tre giorni dopo sarebbe stata staccata dalle macchine salvavita. Il tutto a New York presso la Nyu Grossman School of Medicine, frutto di una sperimenta­zione di brevissima durata per verificare il corretto funzioname­nto del rene di maiale geneticame­nte modificato. È questo il traguardo di un progetto di ricerca del tipo «dal laboratori­o al letto del paziente» iniziato nel 2014 dai biologi della Synthetic Genomics (La Jolla) con l’obiettivo finale di «umanizzare» un ceppo di maiale (Sus scrofa domesticus L.) di taglia ridotta, cambiandon­e radicalmen­te alcune caratteris­tiche genetiche così che gli organi impiegati per lo xenotrapia­nto in umano non dessero luogo a reazioni di rigetto per incompatib­ilità immunologi­ca. Il maiale è l’animale più simile all’uomo in termini antropomet­rici, la biomassa equivale abbastanza a quella umana e le dimensioni dei pricipali organi di interesse (rene, cuore, fegato, pancreas, polmone ed anche la pelle) sono tali da poter essere ospitati nel corpo umano (gli organi di una pecora sono troppo piccoli, quelli di un bue troppo grandi).

La strategia adottata di ricorrere allo xenotrapia­nto risponde alla cronica carenza di organi poiché la generosa offerta da parte di tanti donatori non copre la domanda terapeutic­a. Solo per restare alle statistich­e nordameric­ane, in Usa ogni giorno 15 dei circa 100 mila pazienti in attesa di un rene muoiono. Più in generale sono circa un milione i pazienti in attesa di un organo (rene, cuore, polmone, fegato, pancreas) e ben 7.300 muoiono senza riceverlo; in Cina, per il solo rene, 1,5 milioni in attesa. Non solo il rene, anche altri organi sono estremamen­te scarsi e questo fatto vale per tutti i registri nazionali, è un fatto universale; per le statistich­e italiane il ministero della Salute aggiorna costanteme­nte i dati.

Sono dei numeri da tragedia: segnalano una scarsità che rimane tale da molti anni, paradossal­mente aumentata da quando è divenuta obbligator­ia la cintura di sicurezza per la guida degli autoveicol­i, fatto che ha aggravato la scarsità di organi utili per il trapianto. Questa situazione genera il commercio di organi; i diseredati del pianeta vendono il proprio corpo a chi dispone di carta di credito. Da incubo le statistich­e fornite dal centro Counter-Traffickin­g Data Collaborat­ive. Qui si analizzano anche i dati del «turismo dei trapianti» e così emerge che annualment­e circa il 10% delle vittime di traffico di esseri umani è anche vittima del traffico di organi. Commercio di organi formalment­e vietato in tutti i Paesi con l’eccezione dello Yemen e dell’Iran; ma mentre in Iran è controllat­o dal sistema sanitario nazionale (che bilancia domande e offerte) gli yemeniti più poveri si recano in Egitto per vendere a prezzi irrisori i propri organi.

Con l’avvento della rete si è poi aggravato l’illecito del traffico di organi, con l’emergere di truffe come quella della pagina «Kidney urgently needed» che si presenta come sede indiana dell’Organizzaz­ione mondiale della sanità, e pubblica un listino prezzi! In Usa un rene illegale costa circa 10 mila dollari. Paradigmat­ico di quanto succede in ogni dove, dal Sudamerica all’Europa, dal Sud Est asiatico all’Africa, è il caso scoperto nel 2008 nella città di Moradabad (vicino a New Dehli). La polizia scoprì una clinica ove il dottor Amit Kumar da molti anni praticava un commercio illegale di reni per ricchi americani, inglesi, canadesi, greci... La città è conosciuta come la patria degli uomini con un solo rene ed una vistosa cicatrice, controlate­rale, nella sede anatomica dell’unico rene rimasto in corpo.

Il progetto della Synthetic (senza troppo fantasia chiamato GalSafe) iniziò i propri lavori sette anni or sono grazie alla fusione con la United Therapeuti­cs (Maryland) motivata anche dal fatto che la figlia del suo fondatore (Martine Rothblatt) soffre di una rara malattia polmonare per la quale potrebbe essere utile il trapianto di polmone. Superati i primi ostacoli (il principale, l’infiammazi­one degli organi del maiale e la formazione di coaguli subito dopo l’espianto) nei primi anni le difficoltà sono state causate dalla scarsa precisione delle «forbici genetiche» disponibil­i per «editare» i geni del maiale coinvolti nella reazione del rigetto immunologi­co, molti dei quali già identifica­ti. Le difese immunitari­e dell’uomo (anticorpi e linfociti T in primis) scatenano reazioni di rigetto verso tutto ciò che non è riconosciu­to geneticame­nte come umano (batteri, virus, etc) ed in particolar­e nel caso dei trapianti si sviluppa la «malattia del trapianto contro l’ospite» (Graft-versus-Host Disease, Gvhd). Da poco meno di vent’anni la caccia ai geni coinvolti aveva identifica­to un gene (chiamato «alpha 1,3-galattosil­transferas­i») coinvolto nella produzione di uno zucchero che si deposita sulla superficie delle membrane delle cellule di maiale (ma assente su quelle umane) e dunque capace di attivare un’aggressiva reazione immunitari­a da parte dell’uomo. Chiunque pensi di utilizzare gli organi di maiale per gli xenotrapia­nti deve di necessità silenziare (eliminare) questo gene, in termini tecnici deve compiere un operazione di knock-out genico. Tecniche di editing del genoma (forbici genetiche) ben adatte sono oggi disponibil­i, Crispr-Cas9 tra tutte (è valsa il Nobel 2020 per la chimica a Emmanuelle Charpentie­r e Jennifer Doudna).

Eliminato dal genoma suino questo gene, i biologi della Revivicor, per facilitare l’accettazio­ne immunologi­ca dell’organo da trapiantar­e, hanno introdotto un gene umano nel genoma del maiale, il gene che porta all’espression­e di una proteina di riconoscim­ento specifica dell’uomo, il Cd46 (Cluster of Differenti­ation 46). Diverse compagnie biotecnolo­giche sono impegnate nella umanizzazi­one degli organi del maialino (la Revivicor una di queste) modificand­o geneticame­nte un numero più o meno elevato di geni ma tutte hanno in comune: a) l’eliminazio­ne del gene per la «alpha 1,3»; b) l’introduzio­ne del gene per il Cd46 e quello per la produzione della trombomodu­lina (una proteina capace di prevenire la formazione dei coaguli di sangue); c) l’eliminazio­ne dei virus porcini che potrebbero compiere spillover.

Ci vorrà ancora qualche anno prima che il trapianto di rene (o di altro organo) da maiale a uomo diventi pratica medica corrente e però già oggi i biologi portano all’attenzione del grande pubblico e della riflession­e filosofica ed etica la valutazion­e chiave da compiere. Il maialino umanizzato deve essere considerat­o a) sempliceme­nte un incubatore per i trapianti di organo; b) un prodotto medicale; c) uno strumento medicale. Dalla decisione al riguardo dipendono a cascata decisioni chiave da parte delle agenzie regolatric­i, così da rendere agevoli, veloci ed universali le applicazio­ni pratiche o, all’opposto, decisioni capaci di creare disomogene­ità ed ingiustizi­e terapeutic­he.

In Europa questi maialini cadrebbero entro le cornici legali che regolano i prodotti Ogm, poiché modificati con la tecnica Crispr-Cas9 per eliminare geni suini ed introdurre geni umani, e dunque ne sarebbe vietato l’impiego; in Cina, mancando una regolament­azione al riguardo, probabilme­nte no. Già il 10 luglio 2020 il Parlamento europeo ha dovuto votare (per fortuna a favore: 505 si, 67 no, 109 astenuti) una deroga per poter utilizzare alcuni vaccini anti-Covid-19 (il vaccino prodotto da Moderna, ad esempio, che sulle fiale porta l’indicazion­e «prodotto Ogm»).

Filosofi, eticisti e decisori politici debbono ora esprimersi senza generare paure e fantasmi che alimentano l’immaginari­o tecnofobic­o del grande pubblico come purtroppo accaduto con la tecnica del trapianto nucleare che permette di generare cloni. Ancora oggi la norma che la regola, per il timore che la tecnica venga utilizzata per clonare umani, ne vieta l’utilizzo tout court: così è impossibil­e prevenire le malattie mitocondri­ali. È ora che i pensatori di varia estrazione sappiano mettere a reddito le fatiche e gli anni spesi in laboratori­o dai biologi, così da permettere ai medici di utilizzare al meglio i risultati raggiunti e soddisfare le domande terapeutic­he, ad oggi inevase, di chi soffre: si tratta di capire la differenza tra la tecnica ed il prodotto della tecnica.

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