Corriere della Sera - La Lettura
Lucy vola nello spazio alla scoperta dei Troiani
Una sonda è stata spedita dalla Nasa il 16 ottobre verso una regione inesplorata del sistema solare, per fare luce su migliaia di asteroidi nell’orbita di Giove. Ne parliamo con il numero due del progetto, l’italiano Simone Marchi
Due imponenti nuvole di asteroidi accompagnano e precedono Giove, il gigante del nostro sistema solare. Li hanno battezzati Troiani in omaggio alla mitologia greca, dal momento che fanno da corollario al sommo dio dell’Olimpo. La loro presenza e la loro origine sono un grande enigma, ma in questi fossili celesti potrebbe esserci la spiegazione della nascita e della formazione dei nostri pianeti, Terra compresa.
La Nasa ha battezzato Lucy la sonda spedita nelle buie profondità alla velocità di 108 mila chilometri orari il 16 ottobre scorso. Come lo scheletro della giovane australopiteca scoperta in Etiopia nel 1974 e chiamata con il titolo della canzone dei Beatles (Lucy in the sky whit Diamonds) ha aiutato a decifrare i primi passi dell’evoluzione umana, altrettanto dovrebbe accadere per il corteo planetario con la sonda della Nasa.
«Abbiamo due teorie ma nessuna certezza sulla doppia nuvola di asteroidi — racconta Simone Marchi, planetologo del Southwest Research Institute di Boulder (Colorado) e vice-responsabile scientifico della missione —. La prima vorrebbe che i due gruppi di piccoli planetesimi che si sono formati assieme ai grandi pianeti — Giove, Saturno, Urano, Nettuno — siano stati prelevati dalla zona più esterna dopo la migrazione dei quattro grandi corpi verso le posizioni attuali. Questo sarebbe accaduto soprattutto per l’azione gravitazionale di Nettuno, che ha così alterato le loro orbite. La seconda ipotesi immagina che Giove li abbia più semplicemente catturati dal suo circondario. Le simulazioni che abbiamo compiuto ci portano a credere più alla prima ipotesi. Ma non escluderei che ci possa essere una terza idea altrettanto valida che potrebbe uscire dalle nuove indagini».
Tutto questo sarebbe avvenuto nel giro di alcune decine di milioni di anni, forse un centinaio; quindi 4,4 miliardi di anni fa. Le due nuvole dei Troiani sono popolate da circa 4.800 oggetti finora noti (però le stime teoriche ne calcolano centinaia di migliaia). Distanti fra loro miliardi di chilometri lungo l’orbita gioviana, sono concentrati in modo stabile attorno ai due punti precisi «Lagrange», dove le forze gravitazionali si neutralizzano. La maggior parte (il 65 per cento) corre davanti a Giove, gli altri lo inseguono. Il primo, Achille, fu scoperto nel 1906 dall’astronomo tedesco Max Wolf dall’osservatorio di Heidelberg-Konigstuhl. La loro composizione è però solo ipotizzata, perché l’osservazione con i telescopi terrestri è estremamente difficile sia per la lontananza sia perché appaiono molto oscuri, probabilmente a causa della costituzione carboniosa. Inoltre si ritiene che abbiano caratteristiche diverse, un miscuglio di identità da decifrare.
Proprio questa ragione ha spinto la Nasa a concepire la spedizione Lucy. La sonda potrà raggiungere e studiare sette esemplari di asteroidi, ai quali se ne aggiungerà un ottavo «non-Troiano» (il suo nome è Donaldjohanson, uno dei paleoantropologi scopritori di Lucy) che sarà intercettato nella fascia tra Marte e Giove durante il viaggio di 12 anni. «Studiarne uno o due — nota Marchi — non avrebbe senso, vista la notevole varietà. Il campione deve essere necessariamente più ampio per garantire una certa validità».
Il primo incontro di Lucy con un Troiano avverrà nell’agosto 2028 e sarà con Eurybates (72,14 chilometri di diametro medio) e il suo compagno-satellite, Queta. Le ricognizioni di altri tre (Polymele, Leucus e Orus) seguiranno nei mesi successivi. Poi, con un’acrobazia spaziale, Lucy si allontanerà dal primo gruppo e volerà verso la nuvola che segue Giove per avvicinarsi nel 2033 alla coppia di asteroidi Patroclo e Menoetius, molto più grandi dei precedenti dal momento che raggiungono un diametro medio di 113 chilometri.
Tutti verranno sorvolati da un’altezza variabile dai 400 ai mille chilometri, ritenuta ideale per scandagliarne le superfici e cogliere la più intima natura mineralogica. È la prima volta che questa famiglia di piccoli mondi viene esplorata. Le altre famiglie di asteroidi, quella concentrata tra Marte e Giove e la più estrema di Kuiper ai confini del sistema solare, hanno ricevuto la visita di varie sonde, compresa New Horizons della Nasa, che ha raggiunto i corpi più remoti.
«Lucy ha due obiettivi principali — spiega Marchi —. Il primo è colmare un vuoto nello studio del nostro ambiente planetario per migliorare le conoscenze sulla sua formazione. Il secondo: dal momento che i Troiani sono testimoni primordiali dei processi legati alle origini, abbiamo davanti a noi una “montagna” di veri fossili celesti le cui caratteristiche sono in grado di svelarci i primi passi della formazione dei pianeti e i meccanismi della loro evoluzione. Ecco perché abbiamo chiamato la sonda Lucy: i suoi strumenti riveleranno tasselli fondamentali della nostra storia cosmica».
Queste sono anche le ragioni che hanno spinto Simone Marchi, 48 anni, verso le ricerche dei minuscoli corpi. Marchi è così diventato uno specialista di collisioni cosmiche, argomento al quale ha dedicato il libro Colliding Worlds appena pubblicato da Oxford University Press. Attende quindi con impazienza proprio il primo incontro con Eurybates e la sua luna: la coppia è ritenuta il frutto di uno scontro, unico caso noto finora tra i Troiani. «Gli asteroidi hanno sempre esercitato su di me una grande attrazione scientifica», conclude Marchi, che ama anche il disegno e la pittura e ha realizzato il simbolo che sintetizza la spedizione, affrontata sin dai primi passi della sua concezione dopo essere arrivato negli Stati Uniti dieci anni fa. Prima, in Europa, completati gli studi nelle università di Pisa e Padova, ha partecipato alla missione Rosetta dell’Esa verso la cometa Churyumov-Gerasimenko. Sbarcato oltre oceano, è entrato a fare parte del team della sonda Dawn della Nasa proiettata verso gli asteroidi Cerere e Vesta. Infine, al Southwest Research Institute, assieme ad Hal Levison, ha progettato Lucy, che è stata accettata e finanziata dall’ente spaziale americano con 981 milioni di dollari e ha coinvolto 400 scienziati e ingegneri.
Ora Hal (Principal Investigator) e Simone (suo vice) guidano la grande avventura appena iniziata, senza eccessive preoccupazioni nonostante il problema scaturito a uno dei pannelli solari del robot cosmico una volta giunto in orbita.