Corriere della Sera - La Lettura

Il mondo annega tra i rifiuti

- Di ANTONIO MASSARUTTO

Nel mondo si producono ogni anno 2 miliardi di tonnellate di rifiuti. Un 35% è generato in Europa e Nord America, e viene gestito in qualche modo. Della parte che resta, circa il 40% si origina in Asia meridional­e e orientale. Un altro 11% in America Latina. Il resto tra Africa e Medio Oriente. Con poche eccezioni (Giappone, Australia, Nuova Zelanda), in questi Paesi è già tanto se i rifiuti vengono raccolti e ammassati in una discarica. Si stima che il 33% dei rifiuti a livello globale (ma una frazione ben maggiore se riferita ai Paesi poveri) vengano gettati dove capita. Una parte viene bruciata a cielo aperto, un’altra parte viene portata via dai fiumi e da questi riversata in mare. Circa il 12% dei rifiuti è plastica. Solo dagli imballaggi, si stima che 25 milioni di tonnellate ogni anno vengano abbandonat­i in modo incontroll­ato. Ma è solo la punta dell’iceberg. Il 12% di due miliardi fanno 240 milioni di tonnellate. E il 33% di 240 fanno 80 milioni. È un conto fatto a spanne. Ma rende l’idea.

La plastica non va criminaliz­zata. È un materiale leggero, versatile, isolante, poco costoso, adatto a conservare le cose deperibili e a proteggere quelle fragili. Le sue proprietà ne hanno decretato il successo. Nel 1950, ancora praticamen­te non esisteva. Ma tra i tanti pregi, ha il difetto di inquinare, se non adeguatame­nte gestita. Sull’origine delle isole di plastica negli oceani si sono fatte varie congetture. Non saranno certamente del tutto estranee le reti da pesca o i micropolim­eri rilasciati dai capi sintetici, ma sembra abbastanza ovvio che il principale indiziato siano proprio quelle decine di milioni di tonnellate che i Paesi poveri non riescono a gestire.

Una crescita dirompente interessa da decenni le economie emergenti. Questo ha permesso a miliardi di persone di uscire dalla povertà. Ma la crescita del Pil non si è accompagna­ta a quella di servizi ambientali adeguati. Noi all’epoca abbiamo fatto lo stesso, anche se la plastica non c’era. Ora si tratta di aiutare i Paesi emergenti a costruire un sistema di gestione dei rifiuti. L’esperienza europea insegna che è possibile, ma non avviene spontaneam­ente, né si può improvvisa­re, come s’è visto alla Cop26 di Glasgow (in corso fino al 12 novembre). E va fatto al più presto.

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