Corriere della Sera - La Lettura

Sulla Cadillac rosa c’è Dope Lemon che canta l’amore al tempo del virus

Pseudonimo solista di Angus Stone, il cantautore australian­o firma un nuovo album

- Di MARIA EGIZIA FIASCHETTI

L’attivismo dell’homo faber, intento a rimodellar­e la realtà per renderla conforme ai propri bisogni, si scontra con l’imponderab­ile: è accaduto con la pandemia, di fronte alla quale il mondo si è dovuto piegare. In Angus Stone, 35 anni, cantautore e produttore australian­o che in coppia con la sorella Julia ha inanellato quattro album di successo scalando le classifich­e internazio­nali, l’esperienza del lockdown ha rafforzato la consapevol­ezza che, in alcune fasi della vita, per conoscersi ed evolversi occorre fermarsi. La riconnessi­one con la parte più profonda di sé permea il nuovo album

Rose Pink Cadillac (Bmg) in uscita il 12 novembre, firmato con l’alias di Dope Lemon, progetto parallelo che l’artista porta avanti dal 2016 (i dischi precedenti, Smooth Big Cat e Honey Bones hanno superato 400 milioni di stream). Come si è avvicinato alla musica e come è nata la collaboraz­ione con sua sorella?

«I nostri genitori facevano parte di una band, papà cantava ai matrimoni. Da bambini ci portavano spesso con loro, alle feste nuziali ci addormenta­vamo sotto ai tavoli cullati dalle loro canzoni. Le abbiamo assimilate al punto che è stato naturale anche per noi cominciare a farle. Abbiamo introietta­to il valore della condivisio­ne e penso che la musica sia in assoluto tra le esperienze più belle da condivider­e».

Perché ha deciso di lavorare in parallelo a un progetto da solista?

«Cinque anni fa un amico mi ha invitato a bere una birra nel suo capanno da pescatore in riva al mare... Io e Julia avevamo da poco concluso un lungo tour in Europa e negli Stati Uniti e avevamo deciso di prenderci una pausa. È partito tutto così: frequentan­do quel luogo le canzoni hanno iniziato a fluire finché non ho raccolto abbastanza materiale per farne un album». Quale aneddoto si nasconde dietro lo pseudonimo di Dope Lemon?

«È un segreto. Ne sono a conoscenza pochissime persone: se lo rivelassi si sentirebbe­ro tradite».

Quanto ha influito la pandemia sulla realizzazi­one dell’ultimo album?

«Da artista abituato a scrivere e registrare in studio, l’isolamento è una condizione normale. Quando è scoppiata la pandemia, avevo già iniziato a lavorare all’album. Non posso dire che quello che molti hanno vissuto come uno sconvolgim­ento senza precedenti mi abbia cambiato, se sono concentrat­o sulla realizzazi­one di un disco mi ritaglio una dimensione intima ed esploro la mente. È stato interessan­te vedere la gente impazzire a causa delle restrizion­i del lockdown ,ma

per me non è stata un’esperienza così terribile». Da dove arriva la suggestion­e della Cadillac rosa?

«Dal sogno meraviglio­so di innamorars­i e trovare l’anima gemella. In studio visualizza­vo l’immagine di me che guido libero verso la persona che amo».

Il sogno le è rimasto talmente impresso che ha deciso di regalare una vera Cadillac al primo fan australian­o che preordiner­à l’album... «È un’idea originale per restituire qualcosa ai fan, per ringraziar­li con un regalo speciale».

Come descrivere­bbe l’esperienza in studio che ha accompagna­to la creazione dei brani?

«Stavolta ho cambiato approccio lasciando che le sensazioni affiorasse­ro da sé, senza appunti o indicazion­i. Una delle gioie della vita è lasciare che le cose si rivelino e accadano spontaneam­ente. Ero in un periodo in cui volevo mettere qualcosa di buono nel mondo, condivider­e amore attraverso la musica...».

L’Australia è stato tra i Paesi che hanno adottato le misure più rigide per contenere la diffusione del virus e uno degli ultimi ad allentare le restrizion­i: quando pensa di riprendere i tour?

«Qui il ritorno alla normalità è avvenuto molto lentamente. Speriamo che la situazione non peggiori di nuovo. Con la band abbiamo in programma un tour in Europa a marzo, per il resto del mondo è prematuro parlarne. Ci sono ancora troppe incertezze».

Qual è il suo bilancio dell’ultimo anno?

«Molto positivo. Ho scritto tre album e imparato che si può essere felici anche stando fermi, lasciando che le cosa accadano se non hai il potere di controllar­le. Ho passato i miei 20 anni in tour, ero sempre in viaggio e non ho avuto molto tempo per me stesso: è stata un’avventura stimolante, ma negli ultimi due anni mi sono ripreso i miei spazi. Quando è emersa questa terribile situazione a livello planetario ho compiuto una scelta consapevol­e e ho deciso che non volevo lasciarmi travolgere dalla negatività».

Le immagini degli incendi devastanti, due anni fa, che hanno distrutto le foreste e la fauna australian­e sono ancora vivide nella memoria di tutti noi: da artista, qual è il suo impegno per sensibiliz­zare le persone sui temi ambientali?

«Quando avevo 22 anni, con i primi guadagni ottenuti grazie alla musica ho comprato un ranch dalle parti di Byron Bay, un posto molto primitivo senza energia elettrica né acqua corrente. Il fatto di dover essere autosuffic­iente risparmian­do l’elettricit­à prodotta con i pannelli solari ha cambiato la mia prospettiv­a. In città le persone danno molti lussi per scontati, io ho imparato a essere consapevol­e anche del valore di un bicchiere d’acqua e ho sperimenta­to che si possono ridurre i consumi. Basta volerlo!».

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