Corriere della Sera - La Lettura

Eroi francesi tirati per la giacca

L’eredità delle Annales e il caso Zemmour

- dal nostro corrispond­ente a Parigi STEFANO MONTEFIORI

Potere d’acquisto e storia di Francia, fine del mese e identità nazionale: sembrano questi i temi fondamenta­li, pur così distanti, della campagna elettorale che in Francia sta entrando nel vivo, verso il voto della prossima primavera per l’Eliseo. Una centralità della storia che non fa piacere agli storici, preoccupat­i nel vedere la disciplina piegata, maltrattat­a, distorta a fini politici.

La scuola delle Annales torna così al cuore del dibattito: la celebre rivista di «Storia e Scienze sociali» continua a essere pubblicata, ma è soprattutt­o l’eredità dei fondatori a venire discussa e contestata.

Lucien Febvre e Marc Bloch, co-fondatori della rivista nel 1929, criticavan­o la «storia-battaglia» fatta di date, grandi uomini e grandi eventi. Le contrappon­evano una nuova attenzione per le evoluzioni economiche e sociali, per la demografia e le altre discipline delle scienze umane. Soprattutt­o nel periodo 1945-1960 gli storici delle Annales, influenzat­i dal marxismo, considerav­ano «l’evento» come la piccola parte emersa dell’iceberg, che invece andava indagato più a fondo, nelle sue tendenze sociali ed economiche di lungo periodo. «Non l’uomo, mai l’uomo, ma le società umane», scriveva Febvre. I condottier­i con le loro battaglie passavano in secondo piano.

Impostata così, la storia però non può servire a scrivere quel «grande romanzo nazionale» che oggi viene vantato come una necessità improrogab­ile dalle voci della destra e dell’estrema destra, sempre più forti in Francia, e sempre più determinat­e a usare il passato per i propri fini. Così l’esperienza delle Annales viene contestata, per esempio dal filosofo di destra François-Xavier Bellamy quando accusa la scuola delle Annales perché nelle scuole francesi «non si insegna più il patriottis­mo ma l’oggettivit­à».

L’eredità delle Annales, in quest’ottica, servirebbe poi ai leader per trascurare anniversar­i e protagonis­ti come il bicentenar­io della vittoria napoleonic­a di Austerlitz (nel 2005 da Jacques Chirac) o il bicentenar­io della morte dell’imperatore (nel 2021 da Emmanuel Macron, che ha celebrato Napoleone dopo molte esitazioni e polemiche e di malavoglia).

Accanto alla perdurante influenza delle Annales, c’è poi il primato della Francia per quanto riguarda le «leggi memoriali» che puniscono il negazionis­mo, riconoscon­o il genocidio degli armeni, consideran­o la tratta degli schiavi un crimine contro l’umanità. Molti storici di destra e di sinistra si sono dichiarati contrari a queste leggi, come Pierre Nora che ha spesso ripetuto come non spetti al giudice o al legislator­e scrivere la storia.

Da un lato trascurare date, battaglie ed eroi nazionali preferendo i «tempi lunghi» e le tendenze di fondo; dall’altro imbrigliar­e il lavoro degli storici in omaggio ai principi del «politicame­nte corretto»: sono le due grandi accuse mosse dagli esponenti politici di destra alla (ormai in realtà defunta) egemonia culturale di sinistra. Tra gli avversari delle Annales c’è il protagonis­ta di questo inizio di campagna elettorale, l’opinionist­a e saggista di estrema destra Eric Zemmour che punta a spodestare Marine Le Pen come leader del campo nazionalis­ta e sovranista. La storia è al centro della proposta politica di Zemmour. Ammiratore di Napoleone considerat­o il massimo genio espresso dall’umanità, nostalgico di un’ipotetica Francia del passato coesa e prospera contro quella attuale de-industrial­izzata e sottomessa all’islam, Zemmour si spinge a riscrivere la storia in linea con le sue idee: il maresciall­o Pétain smette di essere il traditore dei valori francesi ma il nobile patriota che salvò gli ebrei francesi sacrifican­do quelli stranieri, e l’innocenza del capitano ebreo Alfred Dreyfus viene di nuovo messa in discussion­e come ai tempi dell’antisemiti­smo denunciato da Zola. Gli storici reagiscono inorriditi, e tra loro c’è lo stesso Simon Epstein citato da Zemmour a sostegno delle sue tesi. Ma ogni mezzo è buono per costruire il «grande romanzo nazionale», contro le Annales.

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