Corriere della Sera - La Lettura

Il capitalism­o di Marx

- Dal nostro corrispond­ente a Berlino PAOLO VALENTINO

rilancia l’attualità del filosofo di Treviri e ne indaga i temi. Scavando tra le sue contraddiz­ioni

Nel terzo volume de Il capitale, Karl Marx scrive: «Anche un’intera società, una nazione, o perfino tutte le società esistenti prese insieme non sono i proprietar­i della Terra. Ne sono gli occupanti, gli usufruttua­ri e da boni patres familias devono consegnarl­a alle future generazion­i in buone condizioni». Una frase che sicurament­e gli varrebbe oggi l’applauso delle ragazze e dei ragazzi dei Fridays for Future.

Marx non è stato un precursore del movimento ambientali­sta. Figlio dell’Ottocento e delle sue conquiste sensaziona­li nel campo delle scienze naturali e della tecnica, il filosofo tedesco condivise in pieno l’ottimismo un po’ ingenuo del progresso tipico del suo tempo e abbracciò entusiasta la civiltà delle macchine. Eppure, il filosofo di Treviri ebbe piena coscienza delle conseguenz­e devastanti della rivoluzion­e industrial­e sul territorio, convinto che lo sfruttamen­to dei lavoratori e quello della natura andassero mano nella mano: «Ogni progresso nell’agricoltur­a capitalist­a non è solo un furto del lavoratore, ma anche un furto della terra». Cercò perfino delle soluzioni per ovviare alla deforestaz­ione e all’infertilit­à del suolo causate dal processo di produzione capitalist­a. Propose per esempio di usare come fertilizza­nte il guano, gli escrementi del pinguino di Humboldt che analizzò anche chimicamen­te.

Quello della preoccupaz­ione ecologista del pensatore è uno degli aspetti più sorprenden­ti della mostra Karl Marx und der Kapitalism­us, aperta fino al 21 agosto al Deutsches Historisch­es Museum (Dhm) di Berlino. Un titolo ambizioso, per un compito titanico, ma che i curatori affrontano in modo intelligen­te e dinamico, liberando la figura e l’opera di Marx dalla sistematiz­zazione postuma prima di Friedrich Engels e poi del marxismole­ninismo, e destruttur­andola attorno a sette temi, che ne raccontano le intuizioni, i percorsi, i rapporti con i movimenti rivoluzion­ari del XIX secolo, le molte contraddiz­ioni private e intellettu­ali.

Soprattutt­o l’allestimen­to berlinese pone un quesito cruciale: Marx ha ancora qualcosa da dirci? La sua critica al capitalism­o ha una valenza attuale? È la domanda posta la scorsa estate in un sondaggio dell’Ipsos commission­ato dal Dhm e i cui risultati fanno da prologo, accogliend­o i visitatori all’ingresso della mostra: il 43% dei tedeschi (ma diventano il 60% nella fascia di età tra 16 e 22 anni) pensa che l’analisi di Marx serva a capire i problemi dell’economia contempora­nea. Allo stesso tempo, però, alla domanda se Marx sia stato profeta delle dittature e della violenza nel XX secolo, un terzo degli intervista­ti risponde sì, un terzo no e un terzo si dice indeciso.

«Penso che la crisi finanziari­a ed economica del 2007-2008 abbia cambiato radicalmen­te la percezione di Marx nelle scienze sociali e nel dibattito pubblico, anche dentro i movimenti politici: molte certezze, come quella che il libero mercato del capitalism­o ci avrebbe garantito sicurezza e benessere materiale per sempre, sono state scosse», spiega Sabine Kritter, curatrice della mostra berlinese. E aggiunge di aver voluto «mostrare non uno ma tanti Marx, non solo in quanto filosofo, giornalist­a, economista, agitatore politico, ma anche raccontand­o le origini di un pensiero vastissimo, complesso e pieno di sfaccettat­ure spesso contraddit­torie».

I temi scelti da Kritter e dallo studioso Jürgen Herres, che è stato il suo consulente, sono quelli che hanno scandito il tempo di Marx e la sua critica al capitalism­o: la religione, l’antisemiti­smo, la rivoluzion­e e la violenza, le nuove tecnologie, la distruzion­e della natura, le crisi

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