Corriere della Sera - La Lettura
Il capitalismo di Marx
rilancia l’attualità del filosofo di Treviri e ne indaga i temi. Scavando tra le sue contraddizioni
Nel terzo volume de Il capitale, Karl Marx scrive: «Anche un’intera società, una nazione, o perfino tutte le società esistenti prese insieme non sono i proprietari della Terra. Ne sono gli occupanti, gli usufruttuari e da boni patres familias devono consegnarla alle future generazioni in buone condizioni». Una frase che sicuramente gli varrebbe oggi l’applauso delle ragazze e dei ragazzi dei Fridays for Future.
Marx non è stato un precursore del movimento ambientalista. Figlio dell’Ottocento e delle sue conquiste sensazionali nel campo delle scienze naturali e della tecnica, il filosofo tedesco condivise in pieno l’ottimismo un po’ ingenuo del progresso tipico del suo tempo e abbracciò entusiasta la civiltà delle macchine. Eppure, il filosofo di Treviri ebbe piena coscienza delle conseguenze devastanti della rivoluzione industriale sul territorio, convinto che lo sfruttamento dei lavoratori e quello della natura andassero mano nella mano: «Ogni progresso nell’agricoltura capitalista non è solo un furto del lavoratore, ma anche un furto della terra». Cercò perfino delle soluzioni per ovviare alla deforestazione e all’infertilità del suolo causate dal processo di produzione capitalista. Propose per esempio di usare come fertilizzante il guano, gli escrementi del pinguino di Humboldt che analizzò anche chimicamente.
Quello della preoccupazione ecologista del pensatore è uno degli aspetti più sorprendenti della mostra Karl Marx und der Kapitalismus, aperta fino al 21 agosto al Deutsches Historisches Museum (Dhm) di Berlino. Un titolo ambizioso, per un compito titanico, ma che i curatori affrontano in modo intelligente e dinamico, liberando la figura e l’opera di Marx dalla sistematizzazione postuma prima di Friedrich Engels e poi del marxismoleninismo, e destrutturandola attorno a sette temi, che ne raccontano le intuizioni, i percorsi, i rapporti con i movimenti rivoluzionari del XIX secolo, le molte contraddizioni private e intellettuali.
Soprattutto l’allestimento berlinese pone un quesito cruciale: Marx ha ancora qualcosa da dirci? La sua critica al capitalismo ha una valenza attuale? È la domanda posta la scorsa estate in un sondaggio dell’Ipsos commissionato dal Dhm e i cui risultati fanno da prologo, accogliendo i visitatori all’ingresso della mostra: il 43% dei tedeschi (ma diventano il 60% nella fascia di età tra 16 e 22 anni) pensa che l’analisi di Marx serva a capire i problemi dell’economia contemporanea. Allo stesso tempo, però, alla domanda se Marx sia stato profeta delle dittature e della violenza nel XX secolo, un terzo degli intervistati risponde sì, un terzo no e un terzo si dice indeciso.
«Penso che la crisi finanziaria ed economica del 2007-2008 abbia cambiato radicalmente la percezione di Marx nelle scienze sociali e nel dibattito pubblico, anche dentro i movimenti politici: molte certezze, come quella che il libero mercato del capitalismo ci avrebbe garantito sicurezza e benessere materiale per sempre, sono state scosse», spiega Sabine Kritter, curatrice della mostra berlinese. E aggiunge di aver voluto «mostrare non uno ma tanti Marx, non solo in quanto filosofo, giornalista, economista, agitatore politico, ma anche raccontando le origini di un pensiero vastissimo, complesso e pieno di sfaccettature spesso contraddittorie».
I temi scelti da Kritter e dallo studioso Jürgen Herres, che è stato il suo consulente, sono quelli che hanno scandito il tempo di Marx e la sua critica al capitalismo: la religione, l’antisemitismo, la rivoluzione e la violenza, le nuove tecnologie, la distruzione della natura, le crisi