Corriere della Sera - La Lettura
Corpo e sentimento Il romanzo di Damásio
Lo scienziato portoghese condensa in un volume ogni aspetto dell’intelligenza biologica che caratterizza gli organismi viventi
Il libro di saggistica più ghiotto è quello nel quale un grande autore si misura con un grande tema. Se poi lo fa partendo da un punto di vista veramente originale, si raggiunge una piccola vetta del pensiero e della riflessione difficilmente uguagliabile e molto godibile. Non capita spesso ma capita, anche se poi tutte le classifiche di vendita vengono dominate dai romanzi. António Damásio che parla della coscienza può rappresentare più che degnamente uno di questi casi. Vediamo ad esempio Sentire e conoscere pubblicato da Adelphi. Damásio è un famoso neurobiologo portoghese, dotato per la narrazione e la scrittura, che ci ha parlato di vari aspetti del sistema nervoso in diversi libri di successo. Quasi tutti sono centrati sulla coscienza, uno dei problemi più affascinanti ma anche più difficili da affrontare.
Una prelibatezza dunque, ma con due «ma». Da una parte sta la considerazione che su questo tema il nostro ha già scritto tanto, così che ci viene da chiederci se avrà ancora cose interessanti da dire. Dall’altra non si può non notare che in questi anni i libri sulla coscienza si sono moltiplicati e si prova quasi un fastidio nell’accingersi a leggerne un altro ancora. Questi libri offrono versioni diverse dell’origine e delle funzioni della coscienza, versioni tutte molto interessanti e ingegnose, se non geniali.
Ma eccoci al colpo di scena: questo libro parlerà solo di aspetti concettuali profondi del tema e farà una sorta di sintesi della storia universale della vita e della sua percezione, così che veramente potrà essere letto da chiunque, anche da chi è quasi digiuno dell’argomento. Basta che sia disposto a riflettere «con mente pura». Apprendiamo nell’introduzione che questa precisa scelta di campo è stata compiuta in risposta a una sollecitazione abbastanza esplicita da parte dell’editore committente. E vediamo. «Qualsiasi teoria cerchi di spiegare l’esistenza delle menti e della coscienza ignorando il sistema nervoso è destinata al fallimento... D’altra parte, qualsiasi teoria si appoggi esclusivamente sul sistema nervoso... è destinata a fallire anch’essa». Questo vuol essere un po’ il messaggio profondo dell’opera.
Damásio insiste, cioè, sull’assoluta centralità del corpo in tutti questi vissuti. Non è una novità, come non è una novità l’importanza che l’autore dà ai sentimenti nel processo di affermazione della coscienza. Sono cose note, ma la loro riproposizione emerge con grande naturalezza dall’approccio scelto. Le pietre miliari di questo cammino sono il Corpo, i Meccanismi omeostatici e i Sentimenti. «Gli uomini prima sentono senz’avvertire, dappoi avvertiscono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura», aveva già detto Vico.
Tutto parte dal corpo quindi, con il suo appannaggio di intelligenze inesprimibili che noi chiamiamo meccanismi omeostatici. Nello sviluppo individuale come nell’evoluzione. Questi meccanismi sovrintendono alla condizione del nostro ambiente interno: sono necessari per sopravvivere ma non ancora sufficienti per vivere. Poi viene il sistema nervoso, più o meno complesso e più o meno centralizzato e cefalizzato.
Secondo l’autore l’attività mentale consisterebbe inizialmente nel costruire immagini riferite ad aspetti del mondo che ci circonda. Ma queste immagini non sarebbero ancora coscienti. Per diventare tali vanno collegate a un proprietario, a un sé, per esempio a un me. Cominciamo con questo ad avvertire sensazioni, positive o negative, sottili o pesanti e poi approvanti o disapprovanti. Qualcosa ci dice infine che siamo noi. Come? Sentiamo l’autore: «Le immagini del mondo interno sono atipiche per diverse ragioni. I dispositivi che le creano non si limitano a ritrarre il nostro mondo viscerale interno; sono anche ancorati ad esso, connessi alla sua chimica in un’intima interazione a doppio senso. Il risultato è la produzione di ibridi denominati sentimenti. Una mente normale è costituita di immagini provenienti tanto dall’esterno — convenzionali o dirette — quanto dall’interno: specifiche e ibride».
La coscienza nascerebbe proprio dalla sovrapposizione di un ricchissimo tessuto di sensazioni, che esprimono un riferimento concreto e tangibile al loro proprietario, e che noi chiamiamo sentimenti, alla rete di immagini che noi chiamiamo mente. In estrema sintesi noi siamo per metà mondo e per metà corpo. Chi sa se qualche ideologo lo sa?