Corriere della Sera - La Lettura

Cronache di un padre da un capezzale interminab­ile

- di MARCO OSTONI

Se è vero che «la morte si sconta vivendo», a scontare la scomparsa del padre di Ricardo Menéndez Salmón sono stati in tre: l’uomo che ha chiuso i suoi giorni a 72 anni in un letto d’ospedale a Gijón, prostrato da una lunga malattia; la moglie e il figlio. Una «condanna» che ha segnato l’intera famiglia per ben 33 anni, a partire dall’infarto che colpì l’ancora giovane genitore dello scrittore spagnolo, rendendolo di fatto un malato cronico, bisognoso di cure costanti, e trascinand­o nel turbine del suo lungo calvario — acuito a un certo punto anche da un terribile cancro alla bocca — gli affetti più stretti. Nulla di più lontano, dunque, da una scomparsa «docile» in una «buona notte» come

cantava Dylan Thomas e come — quasi in un ossimoro — titola il nuovo, splendido libro dell’autore asturiano, Non andartene docile in quella buona notte:

un ricordo sofferto e insieme necessario del padre, tracciato come un diario postumo, in dialogo costante con il lettore.

Quella morte così lungamente attesa e sofferta è l’occasione per Menéndez Salmón di rileggere il proprio passato ma soprattutt­o di provare a «comprender­e in cosa consiste la vita di un uomo», usando con maestria le armi della letteratur­a e la sua capacità di «riscattare dal fondo del mare uno scintillio sommerso», di pescare una luce con cui riverberar­e il buio al quale tutti siamo destinati.

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