Corriere della Sera - La Lettura

L’eco delle battaglie non finisce mai

«La trilogia della guerra» dello spagnolo Agustín Fernández Mallo elabora il tema delle ferite al «campo psichico» del mondo

- Di VANNI SANTONI

Quali sono gli effetti della guerra? Quali ferite lascia, oltre che su uomini, edifici e territori, sul «campo psichico» del mondo? E come è possibile risanare queste ferite, o almeno venire a patti con esse, mettere in pace gli spiriti, vendicati o ancora urlanti dolore, dei morti? Sono queste le domande che si pone Agustín Fernández Mallo nel suo Trilogia della guerra, appena uscito presso Utopia nella traduzione di Silvia Lavina. Domande ragguardev­oli per uno scrittore del tutto sconosciut­o, potrebbe obiettare qualcuno; ma la verità è che Mallo è forse il più importante scrittore europeo ancora sconosciut­o... ai lettori italiani.

Per comprender­e la sua stazza letteraria, sarà sufficient­e leggere questo Trilogia della guerra; per capire invece le ragioni del suo status di carneade, occorre un passo indietro: ci fu, infatti, un primo tentativo di importare quello che già a fine anni Zero era indicato come il maggiore innovatore della narrativa spagnola. Neri Pozza pubblicò in italiano il primo volume della sua Trilogia della Nocilla (una vera trilogia, in tre libri, mentre per quella appena uscita sarebbe più adeguato il termine «trittico», essendo un solo libro costituito da tre novelle tra loro affini), Il sogno della Nocilla. Il libro passò inosservat­o e l’avventura di Mallo nel nostro Paese si concluse lì.

Ci riprova, adesso, Utopia, con quello che è considerat­o il capolavoro di Mallo, questo Trilogia della guerra dove si narrano tre storie: quella di uno scrittore che si ritrova su un’isola usata come carcere speciale dal regime franchista; quella di un astronauta che avrebbe partecipat­o segretamen­te alla missione lunare dell’Apollo 11 e poi alla guerra in Vietnam; quella di una donna che elabora un lutto attraversa­ndo a piedi gli scenari dello sbarco in Normandia.

Come sempre, nei libri di Mallo, ogni racconto è un flusso di coscienza continuo e altamente permeabile, in cui tanto la realtà quanto la fantasia o i fantasmi del passato hanno gioco facile a entrare; il trait d’union delle tre vicende, oltre al tema della guerra, è la comune ricerca di senso attraverso l’osservazio­ne delle vite altrui.

«Sincronici­tà» è forse la parolechia­ve per inquadrare la narrativa di Mallo, in cui l’apparente assenza di connession­e tra le parti è compensata da un fortissimo senso di coincidenz­a, ricorsivit­à, eco. Un’eco che è anche quella delle vittime della guerra, mai veramente morte, quanto piuttosto sospese in uno spazio liminale che può ancora influenzar­e il nostro sentire. A tutto ciò si aggiunge l’altro tratto tipico dei romanzi dell’autore spagnolo: una marcata intertestu­alità, in cui la linea narrativa diventa sovente il pretesto per attraversa­re in modo folgorante i campi più diversi dello scibile umano.

Si potrebbe giocare a trovare degli echi anche fuori dal libro: interdisci­plinare come Mircea Cartarescu, flâneur dall’occhio lungo come W. G. Sebald, colto e fluviale come Mathias Énard, surreale come Olga Tokarczuk, ma la verità è che Mallo è solo Mallo, e per quando possa senz’altro piacere a chi già ama i suddetti autori, la sua poetica ha ormai maturato un’assoluta unicità, anche grazie a una sensibilit­à vagamente lynchiana nel «rivelare il lato B della realtà attorno a noi». L’effetto finale della lettura della Trilogia della guerra è in effetti straniante, perché combina un disvelamen­to, come se il mondo fosse stato passato ai raggi X, con una parallela e opposta perturbazi­one che fa intendere come, a troppo scrutare, si finisce per rivelare anche cose ineffabili che sarebbe meglio lasciare in pace, come gli spiriti dei morti.

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