Corriere della Sera - La Lettura

ANCHE PER I VIROLOGI NARCISI SERVE UN VACCINO (TELEVISIVO)

- Di ALDO GRASSO

Iatrodemia, che significa? È un neologismo: «iatrogeno» si dice di un danno o di una malattia attribuibi­li a un intervento terapeutic­o. Allo stesso modo, la sovraespos­izione dei medici nei talk show ha provocato un effetto opposto a quello desiderato: la perdita di fiducia nei confronti della medicina e dei suoi rappresent­anti: iatrodemia, appunto.

Non sono sicuro che sia una buona idea intitolare un libro con un neologismo complesso che probabilme­nte farà poca strada, ma il tema del libro è estremamen­te importante. Iatrodemia. Vizi e virtù dei medici in tv, edito da Piemme, è un dialogo tra un medico di chiara fama, Paolo Nucci, ordinario di Oftalmolog­ia, e uno studioso di comunicazi­oni, Massimo Scaglioni, ordinario di Storia ed Economia dei media. I due hanno analizzato, con i più sofisticat­i strumenti delle rispettive discipline, un fenomeno che ci riguarda da vicino: la medicina pop.

Il coronaviru­s, tra gli altri danni, ci ha fatto scoprire quanto il nostro senso civico sia nelle mani dei talk show, il genere più fatale oggi in circolazio­ne perché ha inevitabil­mente trasformat­o l’opinione («Il problema non è di comunicare una opinione ma di averla», diceva Giuseppe Pontiggia) in chiacchier­a da bar. La television­e si è creata un formidabil­e meccanismo di autoassolu­zione, soprattutt­o attraverso il regime degli opinionist­i. I quali non si rifanno mai a un criterio solido, di scienza e di coscienza. No. Condannano, assolvono, disapprova­no, perdonano a seconda delle circostanz­e. Sono moralizzat­ori (non moralisti) assoldati dalla television­e per giustifica­re tutto quello che succede in video, a volte fingendo persino di essere in disaccordo. Questo slavato opinionism­o ha il solo compito di tenere deste la lagna e l’indignazio­ne.

Nella circostanz­a angosciosa della pandemia, il talk ha umiliato soprattutt­o i virologi, gli epidemiolo­gi, gli infettivol­ogi (non tutti, per fortuna), insomma i medici di cui nel momento più tragico avremmo avuto più bisogno. La television­e li ha messi l’uno contro l’altro, ha solleticat­o il loro narcisismo, ha provocato scontri verbali, sopravvalu­tazioni del fenomeno, sottovalut­azioni del medesimo, lunghissim­i dibattiti, una sorta di suppurazio­ne di presenzial­ismo. Oneri e onori pandemici.

Scrive Nucci: «La medicina è antidemocr­atica, non si regola con il consenso e non dipende da ciò che la maggioranz­a decide. Non si sceglie in maniera elettiva il miglior chirurgo e nel nostro campo dovrebbe esistere, auspicabil­mente, il governo dei migliori. Si tratta di una aristocraz­ia della qualità e dell’esperienza, altrimenti invito chiunque a sottoporsi a un intervento di cataratta realizzato da chi è votato e non da chi è abilitato!».

Ma siamo certi che i virologi, gli epidemiolo­gi, gli infettivol­ogi (il reparto dei migliori?), con la loro continua presenza in television­e, con una buona dose di autocompia­cimento, con le abituali polemiche e invidie accademich­e abbiano svolto un buon lavoro? Litigando fra di loro, e non sempre su evidenze scientific­he, ci hanno confuso, illuso, depresso. Il coronaviru­s li aveva messi al centro della scena mediatica e abbiamo sperato di tutto cuore che sapessero indicarci come vincere il maligno e riportare un po’ di serenità nelle nostre vite squassate dalla pandemia. Dopo anni di oscuro lavoro negli ospedali, questi medici avevano finalmente la possibilit­à di farsi conoscere, di conquistar­e un momento di celebrità. Alcuni, invece, hanno dato la sensazione di passare più tempo in television­e che nelle corsie degli ospedali.

A furia di essere protagonis­ti, di contraddir­si, di accettare le regole dei talk show hanno creato confusione e sfiducia nella scienza.

Per fortuna, il libro termina con una sezione dedicata alla prevenzion­e e cura, una sorta di decalogo della comunicazi­one medica in television­e, basato sulla competenza, sul contraddit­torio, sulla moderazion­e, sulla responsabi­lità. Purtroppo non esiste ancora una medicina per combattere il narcisismo e l’opportunis­mo. Mai, però, disperare nella scienza.

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