Corriere della Sera - La Lettura
Sofonisba nell’autoritratto della Madonna
L’iconografia si riferisce alla leggenda del salvataggio tra i flutti dell’icona ritenuta di San Luca e venerata a Costantinopoli. «Un tema diffuso in Sicilia e caro ai Moncada. Forse l’opera nasce come ex voto dopo la peste». Inizialmente non viene issata in chiesa e solo il 25 giugno 1579 la pittrice, rimasta sola, la dona ai francescani di Paternò: il ritrovamento dell’atto notarile nel 2002 ha permesso l’attribuzione certa, «anche se lei non l’aveva realizzata da sola».
Nel lascito siglato dalla pittrice si citano don Fabricium eius virum e un intervento de eorum manibus. Lavoro a quattro mani? «Sembra estendere anche al consorte la paternità del dipinto, in un coinvolgimento che pare più affettivo che di necessità. In effetti, ci sono alcune parti palesemente lontane dallo stile della ritrattista». Le anomalie hanno fatto pensare che lui fosse realmente intervenuto. Ora, però, gli esami deviano. «Anche in questo caso sono state comparate le figure: gli angeli mostrano una sovrapposizione perfetta con quelli tracciati altrove da Deodato Guinaccia, attivo in Sicilia nel periodo. A lui probabilmente la coppia affida l’esecuzione dell’ex voto, poi Sofonisba tiene per sé le parti principali. Fabrizio potrebbe avere partecipato, tuttavia individuare dove e come è complesso. Indiziata è la parte alta con mare, cielo e paesaggio». La tavola arriva velocemente a cambiare il suo intimo significato: da ex voto a memoria di un amore e lettera d’addio. «Al momento della morte di Fabrizio doveva già essere completa. Sofonisba la riprende, inserendo dettagli dedicati a lui: i navigli sullo sfondo, che nulla c’entrano con l’iconografia legata a Costantinopoli, ci riportano al naufragio fatale». Partendo, la reggente decide di lasciare il dipinto alla chiesa dei francescani, «una sorta di cappella di famiglia, dove lo sposo sarebbe stato ricordato». Infine, il volto della Madonna. Lo studioso dopo molte analisi arriva a una conclusione: «Negli occhi di Maria l’artista mette il suo stesso sguardo. Una somiglianza discreta, tale da non essere blasfema, ma evidente». Con l’autoritratto «sta dicendo che, partita da Paternò, continuerà a pensare con affetto quella terra. Il viso ricorderà ai cittadini la governatrice cremonese di una breve stagione».
La pittrice firma la donazione, con il suo carico emotivo e simbolico, poi salpa. Al duca Francesco de’ Medici, mentre fa tappa a Pisa, racconta: «Mi partei di Sicilia per andarmene à Cremona à casa mia...». Le cose finiranno diversamente. Si fermerà a Genova: su quella nave aveva incontrato il futuro secondo marito, il capitano Orazio Lomellini.