Corriere della Sera - La Lettura
Così ricuciamo il quadro della Cgil ferito nell’assalto
Il 9 ottobre 2021 Roma è attraversata da una guerriglia di neofascisti e no-vax. La sede del sindacato è presa d’assalto. Ne fa le spese anche un’opera di Ennio Calabria. Che ora un pool di restauratrici sta rimettendo insieme
Sabato 9 ottobre 2021. Sono le ore in cui Roma è attraversata da una guerriglia organizzata da neofascisti e no-vax. Un pezzo di corteo non autorizzato raggiunge la sede storica della Cgil in corso d’Italia, forza l’ingresso e devasta mobili, scrivanie, finestre: sembra di rivivere le immagini dell’assalto al Campidoglio di Washington del 6 gennaio precedente. Un uomo (diversi video lo immortalano) afferra un bastone, o forse un pezzo di tubo, e sfonda il centro di un’opera senza titolo di Ennio Calabria che fa parte della collezione d’arte della Cgil curata da Patrizia Lazoi. Un’opera ampia (160 centimetri di altezza, 211 di larghezza) e simbolica perché venne realizzata dall’artista nel 1973 per la prima festa dell’Unità ad Avezzano. La valenza storico-ideologica, legata a quegli anni, è trasparente: rappresenta un gruppo di lavoratrici e lavoratori che tende una vela rossa proiettata idealmente verso il futuro proprio sulla piana ricca di coltivazioni di questa terra d’Abruzzo. L’opera, dal 2001, fa parte della collezione della Cgil.
Come in una fiction tv densa di coincidenze, tra le prime persone a rientrare nella sede della Cgil per valutare i danni, finita l’irruzione, c’è Francesca Valentini, storica dell’arte dell’Istituto centrale per il Restauro ma anche dirigente sindacale della Cgil. È lei a osservare la lacerazione, a raccogliere i frammenti della tavola in compensato di tre strati e della superficie pittorica, il bianco dell’acrilico sul quale Calabria ha poi tracciato i colori con i pastelli. Da lì parte un’operazione, voluta subito dal ministro della Cultura Dario Franceschini («penseremo noi al restauro») in accordo con il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che riceve anche una lettera di Ennio Calabria («turbamento e dolore per questa inquietante irruzione di un vento del passato»).
Ora l’opera è su una parete di lavoro al Laboratorio materiali di arte contemporanea all’Istituto centrale per il Restauro, nel complesso di San Michele a Ripa. L’operazione è coordinata proprio da Francesca Valentini, responsabile del progetto («è un chiaro segno di carattere istituzionale contro gli atti vandalici che deturpano le opere d’arte») con Paola Iazurlo, restauratrice e responsabile del laboratorio (condivide questo ruolo con le colleghe Miriam Pitocco e Barbara Lavorini). Accanto a loro stanno lavorando al restauro Clelia De Lellis e Alice Salvetti, due studentesse al quarto dei cinque anni della Scuola di alta formazione e studio che prepara i restauratori.
Spiega Alessandra Marino, dal febbraio 2021 direttrice dell’Istituto centrale per il Restauro: «Il laboratorio materiali di arte contemporanea si deve all’intuizione dell’allora direttore Michele Cordaro a metà degli anni Novanta anche grazie alla spinta della restauratrice Maria Grazia Castellano. I materiali dell’arte dei nostri giorni richiedono studi e analisi necessariamente molto diversi da quelli dell’arte classica. Si ha a che fare con plastiche, metalli, vernici da carrozziere, con problemi di deterioramento molto particolari. Per questo si opera in stretto contatto con i laboratori di chimica, fisica e biologia, come avviene comunque in ogni restauro tradizionale. I nostri studenti per il 60% del loro percorso affrontano attività pratiche nei laboratori, nei cantieri, negli scavi e quindi si confrontano anche con lavori contemporanei». Infatti, nei tavoli accanto, si stanno restaurando alcune opere di Toti Scialoja.
In questo momento l’opera di Calabria ha ritrovato il tassello di legno distaccato dal gesto vandalico. Accanto c’è la pellicola pittorica pronta per essere ricollocata. Ora ci saranno due passaggi «tecnici»: un confronto con Patrizia Lazoi, curatrice della collezione d’arte Cgil, che è proprietaria del bene; e un incontro con il maestro Ennio Calabria. Si tratterà di condividere le scelte estetiche che però resteranno nelle mani dell’Istituto, come spiega sempre la direttrice Marino: «Un’opera d’arte, nel momento in cui viene conclusa, non “appartiene” più all’artista anche se è vivo. In termini di restauro, è quindi impensabile un ipotetico, nuovo intervento dell’autore. Comunque arriveremo, come sosteneva il fondatore dell’istituto, Cesare Brandi, a “una corretta reintegrazione della lacuna”».
L’opera, spiega Paola Iazurlo, «è stata sottoposta anche a una pulitura che ha tenuto conto delle caratteristiche dei materiali pittorici molto diversi tra loro, l’acrilico e i pastelli. Il tempo aveva lasciato alcune tracce evidenti. Nel frattempo abbiamo anche studiato sia i frammenti di pittura che i pezzi della tavola fortunatamente ritrovati». A breve, insomma, si approderà, come indica Francesca Valentini, a un ripristino che «restituisca la leggibilità dell’opera ma, nello stesso tempo, consenta la riconoscibilità dell’intervento di restauro». La teoria brandiana è ferrea: niente ridipinture, niente «finzioni», ma un restauro accurato che restituisca l’opera lasciando però «traccia leggibile» del ripristino dei nostri giorni.