Corriere della Sera - La Lettura

Suonatutto­ilcorpo: iljazznonè­nelledita

- Di HELMUT FAILONI

Era Dollar Brand ed è diventato ha vissuto ovunque, ovunque si è esibito, ha attraversa­to l’apartheid e Nelson Mandela l’ha voluto con sé il giorno dell’insediamen­to presidenzi­ale. Venerdì 20 inaugura Piano City Milano

Appare sullo schermo del computer — in collegamen­to dal lago Chiemsee in Baviera — con sguardo rassicuran­te e benevolo. Indossa un vistoso berretto blu di lana, di quelli da barca, appare sereno, in pace con sé stesso. E sorridente.

Durante l’intera ora di conversazi­one con «la Lettura» ride di frequente, come se l’ilarità fosse una specie di sigillo di chiusura alle sue frasi, nel corso delle quali ha ripetuto spesso ciò che è sembrato essere il suo karma: «The piano has no wrong notes», il pianoforte non ha note sbagliate. All’impegno politico e sociale degli anni Sessanta, il pianista e compositor­e sudafrican­o Abdullah Ibrahim (1934) — che venerdì 20 maggio inaugurerà con un concerto solistico il festival Piano City Milano — ha aggiunto presto una ricerca di «armonia spirituale» e «olistica» molto personale, che lo ha portato a seguire per esempio anche il pensiero di un maestro giapponese.

Nella sua lunga carriera iniziata in una big band all’età di 15 anni, Ibrahim ha inciso oltre cento dischi, messo la firma su era uno storytelle­r, ci indicava, le piante, il cielo, gli uccelli... Gli storytelle­r non raccontano però mai la storia interament­e, perché anche chi ascolta deve essere coinvolto. Si racconta una storia e poi si vedono le singole reazioni. La stessa cosa accade in un concerto».

A proposito, ce n’è uno che vorrebbe dimenticar­e e un altro invece che vorrebbe ricordare?

«Il jazz ha senso solo nell’attimo in cui viene suonato. Non c’è nulla che io possa fare per quanto riguarda il passato».

Dunque non ascolta mai i suoi dischi vecchi?

«No. Perché dovrei? Che senso avrebbe? La vita è solo ora nel momento in cui sto parlando con lei e queste stesse parole appartengo­no già al passato. L’unica cosa che posso fare è essere sincero».

Qual è la storia del suo disco più recente, «Solotude»? Ha a che fare con «Solitude» di Duke Ellington che lei conobbe a Zurigo decenni fa?

«No, mi è venuta l’ispirazion­e di creare la parola Solotude. Che non esiste. L’ho anche cercata nel vocabolari­o ed ero contento, perché avevo inventato qualcosa».

Ci parli di Ellington.

«Duke Ellington diceva che la cosa più importante della musica era mettersi in ascolto. Lui era magico perché il suo strumento era l’orchestra con i suoi solisti. Johnny Hodges, Paul Gonsalves, Harry Carney..., tutti straordina­ri. Quando qualcuno chiedeva loro perché suonassero da così tanti anni con Duke rispondeva­no che dopo di lui sarebbero potuti andare solo nei Berliner Philharmon­iker».

Nel suo pianismo, nelle sue improvvisa­zioni, volutament­e quasi mai virtuosist­iche, c’è spesso una componente melodica molto forte. Da dove viene?

«Credo dipenda dal fatto che uso un linguaggio molto eloquente. Sono cresciuto fra tradizioni molto diverse».

I suoi legami con l’Africa sono sempre stati stretti. Le ha dedicato dischi come «Echoes From Africa» (1979) o «African Marketplac­e» (1980)...

«Il vero dilemma è che ancora oggi molta gente pensa che l’Africa sia qualcosa di diverso dal resto del mondo».

Che cosa pensa della guerra attuale?

«Mio nonno era coinvolto in una guerra, mio padre e io pure, i miei figli anche. Che cosa ne può uscire? Ora sento dire che si deve cambiare il mondo. Come fai a cambiare il mondo? Puoi cambiare un albero? Un fiore?».

Nel 1968 lei ha cambiato nome da Dollar Brand in quello attuale, perché?

«A volte i nomi che ti danno non ti appartengo­no, non risuonano con chi sei».

Non lo ha fatto per motivi religiosi?

«Tutto ciò che facciamo è religioso».

Cos’è il jazz per lei?

«Una famiglia».

Un giorno lei ha detto che il jazz è la musica più importante in assoluto.

«Confermo e rilancio. Me ne dica una qualsiasi altra che sia più importante».

Non diciamo più o meno importante... ma ci sono tante altre musiche.

«In tanti dicono che il jazz sia facile. E allora dico loro: “Prendete uno strumento e suonatelo”. Il 5% per noi è concerti, il 95% è studio. Se suoni musica classica, suoni la stessa cosa tutti i giorni...».

Anche quando suonavate avanguardi­a negli anni Sessanta a New York c’era chi non vi prendeva sul serio.

«Molti musicisti dicevano che era facile suonare il free. Solo che poi quando ci provavano, non ci riuscivano. Noi passavano ore e ore e ancora ore, per perfeziona­re la tecnica, la conoscenza. Studiavano i nostri maestri, ma anche Prokof ’ev e Bach. Cercavamo fortemente l’espression­e emotiva, perché solo con la tecnica non si riesce a comunicare nulla».

Torna spesso in Sudafrica?

«Ho comprato una tenuta di 800 ettari, Green Kalahari, dove realizzerò un bellissimo progetto per creare scuole di musica per i giovani in Sudafrica insieme agli amici dell’azienda Fazioli che produce pianoforti incredibil­i. Si parte a ottobre».

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 ?? ?? Il pianista Abdullah Ibrahim, alla nascita Adolph Johannes Brand (Città del Capo, Sudafrica, 9 ottobre 1934; qui sopra in una foto di Peter Rauch; a destra nel 1981, foto di Elena Carminati/Archivio Corsera) ha iniziato con il pianoforte a 7 anni. Debutta da profession­ista con gli Streamline Brothers, accompagna anche Miriam Makeba e nel 1956 fonda due gruppi. Oltre al piano, suona il sassofono soprano, vari flauti, il violoncell­o, percussion­i, e canta. A Zurigo nel 1962 diventa Dollar Brand. Nella città svizzera lo ascolta Duke Ellington che ne tesse le lodi tanto da portarlo a Parigi a registrare il disco Duke Ellington presents The Dollar Brand Trio. Il successo lo porta a suonare con il giro dell’avanguardi­a (John Coltrane, Don Cherry...). Fa la spola tra l’Africa e l’America e l’Europa . Nel 1984 fonda il gruppo Ekaya, in cui si sono alternati diversi musicisti fino a tempi recenti La rassegna Piano City Milano, con la direzione artistica di Ricciarda Belgiojoso e Titti Santini, si svolgerà dal 20 al 22 maggio (info: pianocitym­ilano.it). La manifestaz­ione — che copre svariati generi e offre al pubblico a tutte le ore un concerti e lezioni (anche per i più piccoli) in luoghi diversi ma soprattutt­o ai giardini della Galleria d’arte moderna — propone, fra gli altri, omaggi a Lucio Dalla e Lucio Battisti, a Bach e Beethoven, a Monk e Morricone. Ibrahim aprirà il festival venerdì 20 alle 21 alla Gam, dove il giorno dopo suoneranno Anna Avazan, Gilda Buttà e John Medeski e il 22 Rosey Chan, Ray Lema e Laurent De Wilde, Maria Pia Carola Il progetto Abdullah Ibrahim ha annunciato un progetto legato alla scuola di musica per i giovani che vivono in Sudafrica insieme all’azienda di pianoforti Fazioli di Sacile (Pordenone)
Il pianista Abdullah Ibrahim, alla nascita Adolph Johannes Brand (Città del Capo, Sudafrica, 9 ottobre 1934; qui sopra in una foto di Peter Rauch; a destra nel 1981, foto di Elena Carminati/Archivio Corsera) ha iniziato con il pianoforte a 7 anni. Debutta da profession­ista con gli Streamline Brothers, accompagna anche Miriam Makeba e nel 1956 fonda due gruppi. Oltre al piano, suona il sassofono soprano, vari flauti, il violoncell­o, percussion­i, e canta. A Zurigo nel 1962 diventa Dollar Brand. Nella città svizzera lo ascolta Duke Ellington che ne tesse le lodi tanto da portarlo a Parigi a registrare il disco Duke Ellington presents The Dollar Brand Trio. Il successo lo porta a suonare con il giro dell’avanguardi­a (John Coltrane, Don Cherry...). Fa la spola tra l’Africa e l’America e l’Europa . Nel 1984 fonda il gruppo Ekaya, in cui si sono alternati diversi musicisti fino a tempi recenti La rassegna Piano City Milano, con la direzione artistica di Ricciarda Belgiojoso e Titti Santini, si svolgerà dal 20 al 22 maggio (info: pianocitym­ilano.it). La manifestaz­ione — che copre svariati generi e offre al pubblico a tutte le ore un concerti e lezioni (anche per i più piccoli) in luoghi diversi ma soprattutt­o ai giardini della Galleria d’arte moderna — propone, fra gli altri, omaggi a Lucio Dalla e Lucio Battisti, a Bach e Beethoven, a Monk e Morricone. Ibrahim aprirà il festival venerdì 20 alle 21 alla Gam, dove il giorno dopo suoneranno Anna Avazan, Gilda Buttà e John Medeski e il 22 Rosey Chan, Ray Lema e Laurent De Wilde, Maria Pia Carola Il progetto Abdullah Ibrahim ha annunciato un progetto legato alla scuola di musica per i giovani che vivono in Sudafrica insieme all’azienda di pianoforti Fazioli di Sacile (Pordenone)

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