I REFERENDUM E GLI ALIBI IL PARLAMENTO SI NASCONDE DA TROPPO TEMPO
SUI TEMI ETICI
Ora posso disporre della mia vita, finalmente». Lo ha detto Mario dopo aver avuto il via libera a schiacciare il bottone che gli inietterà il farmaco per morire. Suicida per mettere fine a un’esistenza che lui non ritiene di poter continuare. Al termine di una battaglia lunga e complicata durante la quale, tetraplegico per un incidente, ha affrontato con dolore rifiuti e umiliazioni, Mario può dirsi sollevato. Ma quanti sono i Mario in Italia? Quante sono le famiglie di Eluana che per dire basta debbono andare in Svizzera visto che nel loro Paese non possono disporre della propria vita? Tante, poche, a questo punto non ha importanza. Anche se riguardasse soltanto una persona, non si può più fare finta di nulla. Non è consentito ignorare la richiesta di aiuto e di assistenza che arriva da chi ogni giorno lotta per poter morire.
Ecco perché quanto è accaduto alla Corte costituzionale richiama tutti a una riflessione che vada oltre i quesiti referendari. Perché è giusto e sacrosanto chiamare i cittadini a pronunciarsi attraverso i referendum, la consultazione popolare è la massima espressione della democrazia e come tale deve essere difesa e incoraggiata. Ma ci sono temi sui quali il Parlamento non può più nascondersi, argomenti rispetto ai quali deve essere messa da parte la propaganda decidendo di occuparsene in maniera rigorosa. E bisogna farlo al più presto.
Da troppo tempo i temi etici diventano terreno di scontro tra i partiti e spesso all’interno degli stessi partiti. Nonostante la richiesta forte da parte dei cittadini, deputati e senatori si accapigliano arrivando talvolta a dimenticare quali siano le priorità. È accaduto recentemente con il disegno di legge Zan, accade ogni volta che si affrontano progetti di legge che interrogano le coscienze. E questo sembra ormai diventato l’alibi per non decidere, per rinviare scelte che invece appaiono urgenti.
Alla fine anche sulla giustizia si è preferito portare avanti la campagna referendaria anziché intervenire su alcuni punti della legge che hanno dimostrato di essere fallaci o quantomeno inadeguati a risolvere i problemi. Negli ultimi anni abbiamo assistito alle guerre interne alla magistratura, a uno scontro sempre più violento tra toghe e politica, soprattutto per fermare la perdita di credibilità delle toghe e più in generale del sistema giudiziario. Adesso che la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili cinque quesiti, toccherà ai cittadini farlo, decidere perché il legislatore non è riuscito. Ed è proprio su questo che i politici dovrebbero interrogarsi, analizzando l’incapacità di correggere in maniera pacata e costruttiva alcune storture che inevitabilmente condizionano la vita del nostro Paese.
I mesi che ci separano dalla fine della legislatura saranno segnati da un’uscita dall’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19 che non sarà né semplice, né veloce. Molte sono le norme che dovranno essere approvate e alcune, ancora una volta, riguardano il quotidiano di ognuno di noi. Dai vaccini al green pass, dallo smart working alla riorganizzazione della vita dei ragazzi, l’Italia — segnata dalla crisi economica e dalla necessità di ottenere i fondi del Pnrr — dovrà ripartire. Ma questo non deve diventare la scusa per mettere da parte il resto, per lasciare indietro chi è più fragile. Deve essere invece la nuova sfida da vincere.
I politici hanno l’occasione di dimostrare di essere all’altezza dei cittadini, delle loro aspettative. Sarebbe bello scoprire che hanno deciso di non sprecarla.
GIUSTO CHIAMARE I CITTADINI A PRONUNCIARSI, MA CI SONO PASSAGGI
CHE VANNO AFFRONTATI. IL PIÙ URGENTE È IL FINE VITA