LA STAZIONE CENTRALE DI MILANO NON È SOLO DI DE MICHELIS
ODORI DI MUFFE, VIDEO JUKEBOX
GIOVANNI LENZINI SCRIVE: «Ho 90 anni. Dai suoi commenti ho tratto letture di libri che hanno riempito piacevolmente tanto del mio tempo libero. Ma La stazione di Jacopo De Michelis, no! Per le prime 200/300 pagine è un poliziesco abbastanza accettabile. Poi tutto precipita in fumetto, manga, con perfino una dea e un pitone immenso...».
È il mondo, caro Lenzini, che è diventato un manga. Hic sunt phytones.
ATHOS MENGHINI: «Mi ha fatto molto piacere che De Michelis abbia ambientato il suo romanzo nella “mia” Stazione Centrale. A cavallo tra gli Anni 50 e 60, quando facevo le elementari e frequentavo l’oratorio Sant’Agostino, andavo spesso con i miei amici alla Stazione. Milano, allora, era uno spasso per i bimbi in cerca di giochi, avventure e scoperte. Non c’erano i pericoli odierni e i genitori erano meno apprensivi. Quando l’oratorio e il calcio ci venivano a noia, partivamo alla scoperta di Milano: la Martesana, non ancora interrata, con le sue “pantegane”; il mercato del pesce in fondo a via Gluck; Greco, un paese in città; le ferrovie varesine, che per raggiungerle si attraversava un bosco vero e non quello verticale odierno; ma l’attrattiva principale era la Stazione Centrale».
MENGHINI CONTINUA con un suo capitolo personale al romanzo di De Michelis: «La Stazione era una cattedrale, un castello, le piramidi, le catacombe, e naturalmente i treni e i viaggiatori. Che posto meraviglioso per giocare. Dentro c’erano anche meraviglie tecnologiche: interminabili scale mobili, carrelli elettrici guidati da piloti spericolati che ci trasportavano in giro sulle piattaforme dei treni. Un’altra meraviglia erano, sui mezzanini, i video jukebox, dove vedevamo Elvis, i Platters, i re del twist, che si esibivano in tv a colori! Però il fascino dei sotterranei della Stazione era inimitabile, bui, tetri, con i treni merci e con un odore (di treno, muffa e altro) che a volte riesco a sentire ancora oggi sotto i tunnel che collegano Viale Brianza o via Tonale».
ATHOS, LEI È UN PROUSTIANO incorreggibile. Mi ricordo una sua vecchia mail (marzo 2017) sulle bionde hollywoodiane. Scriveva: «Avevo 5 anni. Il primo amore, che non si scorda mai, lo incontrai sulla copertina di un 45 giri dei miei genitori con la colonna sonora di Baby Doll. Lei era Caroll Baker, meravigliosa. Dopo sporadiche infatuazioni per B. B. e Julie Christie ho raggiunto la pace dei sensi negli anni della contestazione con Candice Bergen, vestita da Cheyenne in Soldato blu. Amore proseguito grazie ad altri tre films imperdibili: L’impossibilita di essere normali, Conoscenza carnale (anche Ann Margret, già nei films di Elvis, non era male...) e Il vento e il leone. Lei la più bella».
ATHOS, LEI COME PAOLO CONTE, scrive films, segno di classe vera (altro che schwa).
Il Joker è un club (virtuale ma anche viziato) di amici che non si conoscono di persona e amano chiacchierare di romanzi, film, canzoni, sport. L’ingresso, come lo stile, è libero
UN LETTORE “PROUSTIANO” LA RICORDA DA BAMBINO COME «CATTEDRALE, CASTELLO, PIRAMIDI E CATACOMBE»