L’ATTIVISMO NON È MODA SOCIAL
LA SCELTA DI ADELE INSEGNA MA TUTELA DEI PIÙ DEBOLI
Cara Lilli, Adele, la pluripremiata cantante con ben tre vittorie ai Brit Awards, al momento di ritirare il premio ha detto di essere orgogliosa di essere donna. Apriti cielo, i correttissimi organizzatori avevano addirittura eliminato le categorie “maschile” e “femminile”. Se è giusto pretendere che venga adottato il principio di reciprocità fra le religioni, che dovrebbe permettere di costruire sinagoghe, moschee e chiese ovunque, perché viene imposto di abolire questo principio quando si parla di sesso biologico ed è permesso solo affermare la neutralità gender?
Roberto Bellia paradosso44@yahoo.com
Caro Roberto, le critiche mosse ad Adele ci raccontano quanto a volte sia delicato e labile il confine tra buon senso e polemica fine a sé stessa, quando si tratta dei temi legati all’identità di genere. L’edizione 2022 dei Brit Awards ha cancellato la categoria di artista maschile e femminile proprio nel rispetto di alcuni cantanti che si definiscono non binari, che cioè non sentono di far parte di nessuno dei due generi. Ritirando il premio come migliore artista dell’anno, Adele ha però detto «capisco perché il nome di questo premio è stato cambiato, ma amo davvero essere una donna, amo davvero essere un’artista femmina». Scatenando le polemiche di parte dell’opinione pubblica che l’ha definita una Terf, ovvero una femminista radicale ideologicamente avversa alle persone trans. Ora, Adele ha più volte espresso apertamente il suo sostegno alla comunità e alle istanze del mondo Lgbtqia+, ma allo stesso tempo è felice di essere una donna. E lo ha ribadito ritirando un riconoscimento ambito e prestigioso. Perché, allora, attaccarla? L’attivismo non dovrebbe essere una corsa a intestarsi per primi la polemica del giorno per finire nelle tendenze dei social.
Nel mondo davvero inclusivo che chiunque con un po’ di giudizio dovrebbe desiderare, c’è posto per tutti. E, dunque, non bisognerebbe nemmeno colpire chi rivendica con orgoglio la propria appartenenza, anche a un genere percepito da alcuni come “privilegiato”. Il rischio, altrimenti, è di fare discriminazioni al contrario.
Proprio qualche giorno fa l’Unar – l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della presidenza del Consiglio – ha denunciato il crescente clima di violenza in Italia: episodi legati all’omotransfobia, al razzismo, all’antisemitismo e ad atteggiamenti discriminatori nei confronti di persone con disabilità. Con l’ampio e acceso dibattito sul ddl Zan le persone Lgbt sono inevitabilmente diventate più visibili, pagando per questo un prezzo molto alto: dai 93 casi denunciati nel 2020, si è passati a 238, pari a un episodio di omotransfobia ogni due giorni. Lasciamo che Adele possa essere fiera di essere una donna, e concentriamoci piuttosto su questi numeri che non ci rendono certo un Paese civile degno di questo nome.
LASCIAMO CHE L’ARTISTA SIA FIERA DI ESSERE DONNA MA PENSIAMO AI CASI DI OMOTRANSFOBIA QUASI TRIPLICATI