Corriere della Sera - Sette

MEGLIO IL PIACERE STATICO DEL GODIMENTO DINAMICO: CI LIBERA DALL’ANGOSCIA

- (Sette brevi lezioni sull’epicureism­o). DI MAURO BONAZZI

Il poeta latino Orazio, a cui non mancava il senso dell’ironia, si descrisse una volta come un maiale per rivelare le sue simpatie epicuree. Anche oggi, del resto, l’aggettivo «epicureo» è associato a qualche forma di edonismo, e si usa per chi sembra concedere fin troppa importanza al piacere nella vita di tutti i giorni. In effetti, Epicuro affermava che il piacere è tra tutti il bene più importante. Lasciando inorriditi i suoi avversari, che non perdevano occasione per accusarlo di essere un cattivo maestro, un filosofo per maiali appunto. Ma la tesi di Epicuro era tutt’altro che banale, come spiega John Sellars nel suo ultimo libro, appena pubblicato per Einaudi

Che cos’è in effetti il piacere? La risposta sembra scontata: il piacere è una specie di godimento, che si produce mentre si fa qualcosa; mentre mangio un buon piatto di pesce, ad esempio, o mentre sorseggio un bicchiere di champagne. Per Epicuro, questa descrizion­e non è abbastanza esauriente. Certo, ci sono questi tipi di piacere che possiamo considerar­e dinamici, visto che hanno a che fare con delle attività o dei processi (come mangiare o bere). Ma c’è anche un altro tipo di piacere, più statico: come ad esempio quella situazione di benessere che segue all’aver mangiato. Avevo fame e quindi non stavo bene; ho mangiato; la fame mi è passata e ora sto bene: dunque mi trovo in una condizione piacevole. In prima battuta, la tesi sembra contro-intuitiva, perché verrebbe da dire che la condizione che segue all’aver mangiato è qualcosa di neutro e insipido, non di positivo o piacevole. Epicuro non pensava così, e basta rifletterc­i un po’ per capire che non aveva tutti i torti. Improvvisa­mente, uno sta poco bene, magari ha mal di testa o mal di schiena: non diventa chiaro allora che quello stato di apparente benessere, quando il nostro organismo funzionava bene, era uno stato piacevole? Il piacere, per Epicuro, è prima di tutto assenza di dolore.

Non si tratta del resto di solo piacere (o dolore) fisico. Non meno importante, anzi più importante ancora, è il piacere (o il dolore) mentale. Avere fame non è certo bello, ma si può tollerare. Ansia o paura, invece, sono molto più difficili da sopportare e a volte possono rovinare la vita delle persone. Mi fa male un dente e mi tormento pensando all’intervento del dentista. Ma il dolore del trapano alla fine sarà poca cosa, non durerà molto, mentre io ho sprecato molto del mio tempo angosciand­omi. Il dolore fisico non dipende da noi, certo. Ma quante volte siamo noi a infliggerc­i sofferenze gratuite, preoccupan­doci più del dovuto? Il che mostra cosa sia davvero importante: un piacere statico mentale, una condizione di tranquilli­tà, insomma, in cui siamo liberi da preoccupaz­ioni e angosce. Ecco cosa vogliamo davvero. È forse la condizione in cui ti trovi adesso, cara lettrice o caro lettore, che stai leggendo questo breve testo placidamen­te seduto su una poltrona, senza particolar­i fastidi o dolori, facendo quello che vuoi? «Il sommo piacere non risiede nel profumo di costose vivande, ma in te stesso».

COME DICEVA EPICURO QUEL CHE È DAVVERO IMPORTANTE PER NOI È «L’ASSENZA DI DOLORE», CHE CI DÀ TRANQUILLI­TÀ

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270 a. C.): fondò una delle maggiori scuole filosofich­e dell’età ellenistic­a e
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Il filosofo greco Epicuro (Samo 341 a. C.-Atene 270 a. C.): fondò una delle maggiori scuole filosofich­e dell’età ellenistic­a e romana
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