Dal fritto... al sapone fatto in casa
La cucina mediterranea esiste grazie a un patrimonio di conoscenze verificate dalla scienza, obiettiva e cinica; non lascia spazio a sentimentalisti e non risparmia neanche la tradizione.
Dopo il soffritto, di cui abbiamo discusso nell'articolo precedente, adesso sale in cattedra per la cucina mediterranea, il fritto. Tra le preparazioni più prelibate, è una tecnica di cottura tramandata di generazione in generazione, presente in molte culture. Rappresenta un capitolo importante della cucina mediterranea, trasformando da secoli ingredienti locali in ricette iconiche. È inutile domandarsi qual è il successo del fritto, basta averlo assaggiato. Anzi, basta entrare in una cucina dove si è fritto per levarsi qualsiasi dubbio prima ancora dell’assaggio.
Qualcuno esclama ancora “fritta è buona pure la ciabatta”. In realtà, il risultato che si può ottenere col fritto è diverso in base alla nostra conoscenza rispetto alla tecnica; altrimenti “saprà solo di fritto”. È importante friggere alimenti freschi, ancora ricchi di vitamine, come le patate, perché è proprio per conservare questi nutrienti che conviene friggerli.
Un altro esempio sono gli omega 3 del pesce; se li infiliamo nel forno, si ossidano trasformandosi da salutari in poco salutari, mentre se li friggiamo rimangono intatti! Tutto merito della velocità: per friggere bastano 2 minuti, per un risotto invece ne occorrono almeno 20. Tuttavia, nel fritto, la fretta è bandita. Il motto “a tavola è già tardi”, che è anche il titolo del mio primo libro, integra il concetto che dobbiamo prenderci del tempo
per studiare, per conoscere come cucinare adeguatamente gli alimenti. Questo riflette lo stile di vita mediterraneo, ovvero dedicarsi con cura al reperimento della materia prima e con passione alla sua preparazione. Pesce fresco, verdure di stagione, devono danzare in padella. Quando si frigge gli alimenti devono essere immersi completamente, altrimenti si inzupperanno. Per friggere serve l’olio, tanto, ed è per questo che quando si frigge si frigge per tutti; nelle occasioni in cui ci si riuniva, per le zeppole fritte, mi ricordo venivano da tutto il viale. Non solo i vicini di casa, c’erano anche gli zii da fuori. Questa è la cucina mediterranea, quella che fa bene perché preserva i nutrienti quanto la convivialità. Questo è il suo segreto.
Se mangi il fritto, mangia un frutto!
Mia nonna, dopo le zeppole, mangiava sempre qualche mandarino; diceva che
“sgrassano”. Il consumo di frutta dopo il fritto assume rilevanza scientifica. La frittura stimola l'attività del fegato, coinvolto nella metabolizzazione di sostanze tossiche, farmaci e ormoni tiroidei (attivando il metabolismo). Poiché il fegato stimolato richiede energia, principalmente zuccheri e vitamine per svolgere efficacemente queste funzioni, l'integrazione di frutta fornisce una fonte naturale di tali elementi; il carburante per il fegato.
Questa pratica non solo contribuisce al mantenimento dell'equilibrio metabolico del fegato e di conseguenza anche dell’intestino, ma rappresenta anche un approccio scientificamente valido per favorire la salute e il benessere generale. In un'epoca in cui gran parte dei cibi che consumiamo sono ultra-processati, la frittura è l’antitesi perché è un processo rapido in cui gli alimenti non hanno il tempo di ossidarsi. Contrariamente a quanto si pensa, il fritto (così come il soffritto), se fatto correttamente, può addirittura essere terapeutico. Ci sono molti studi recenti che hanno dimostrato come un fritto ogni tanto possa addirittura combattere anche il mal di testa.
Per questo motivo, è il momento di ripristinare le buone abitudini e le vecchie tradizioni della cucina mediterranea, che hanno permesso ai nostri avi di vivere a lungo e soprattutto in salute. Adesso tutti allergici, tutti celiaci, tutti intolleranti al lattosio. Provate a cucinare gli alimenti giusti con le giuste modalità di cottura, seguendo la cucina mediterranea; vedrete che non esiste cura migliore.
Dell'olio non si butta via niente: dal fritto al sapone fatto in casa
“Il fritto non è sostenibile; poi con tutto quell’olio che ci fai, lo butti?” È come mi rispondono spesso amici, pazienti, studenti dei miei corsi. Ma la saggezza culinaria ci insegna che l’olio esausto non dovrebbe affrontare il triste destino del “rifiuto”. Dopo la frittura, l’olio merita uno smaltimento appropriato. Mia nonna, regina delle soluzioni domestiche, lo trasformava in sapone fatto in casa.
Il rituale iniziava raccogliendo l’olio usato o quello troppo “acido” di annate avverse. Poi, con maestria, lo mescolava con la soda caustica e l’acqua. Non aveva studiato, ma conosceva il magico processo della saponificazione; infine, l’olio “metamorfosato” diventava un sapone artigianale, portatore di sostenibilità e risparmio. Un modo creativo e diligente, oggi diremmo green, per dire addio all’olio esausto.
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