Tra il mare e la terra: da Grado ad Aquileia
SULLE ACQUE PENSOSE DELLA LAGUNA DI GRADO IL PESCE SI ACCOMPAGNA CON LA POLENTA E I PRANZI MARINARI POSSONO FINIRE CON UN PRESNITZ. NELL’ISOLA DEL SOLE LE TRADIZIONI DELL’ALTO ADRIATICO RICORDANO ANCORA IL SAPORE DELL’AUSTRIA FELIX
Se Grado è considerata la madre di Venezia, Aquileia è stata una delle più fulgide figlie di Roma. La cultura del mare e quella della terraferma si incontrano tra la provincia di Gorizia e quella di Udine, dove la costa adriatica guarda dritta a sud e alle sue spalle si apre la Bassa Friulana, incoronata dai monti. Qui il pesce incontra il pepe nero dell’India e il gusto mitteleuropeo del cren.
1 Acque di mezzo Attraversiamo in barca la laguna di Grado. Un’aria sospesa avvolge le barene e gli isolotti più grandi, sui quali ancora si distinguono i caratteristici casoni con il tetto di canne e paglia, un tempo abitazioni e oggi per lo più ricovero per gli attrezzi della pesca. Qui le giornate sono scandite dal moto delle maree e da gesti essenziali. Come i due colpi di polso che Mauro Tognon assesta al laveso rovente, il piccolo paiolo di ghisa utilizzato per il boreto (il brodetto gradese), dove rosola il pesce facendolo saltare – guai a girarlo con un utensile. Mauro è un figlio della laguna che quarant’anni fa ha deciso di convertire in trattoria la casa di famiglia, sull’isola di Anfora, tra Marano e Grado. “Tre cavasteli, un bisato spacao e dopo un rombo che xe pesse fin” (Tre cefali, un’anguilla tagliata a pezzi e poi un rombo che è pesce fine) ricorda il poeta Biagio Marin in una delle poesie dedicate a questo sapidissimo piatto, che si completa con un’abbondante presa di pepe nero, aceto e aglio. Tanto semplice quanto difficilmente replicabile. Oggi sull’isola sbarcano i diportisti in cerca di spiagge
Alora el pare feva la polenta a fiama viva soto la caldiera una cotura misuragia e lenta, el rito più solene de la tera Biagio Marin
e sapori veraci e i passeggeri della motonave che da Grado fa il giro della laguna. Gli ospiti non erano altrettanto graditi quando Anfora era l’avamposto asburgico che segnava il confine tra l’Italia e l’Impero austroungarico. Ed è proprio contro il vicino Porto Buso che si dice sia stato sparato il primo colpo di cannone della Grande Guerra, partito dal cacciatorpediniere Zeffiro il 24 maggio 1915.
2 L’Isola del Sole Nella spiaggia di Grado ci dà il benvenuto il bel manifesto Art Nouveau di Josef Maria Auchentaller, che all’inizio del ’900 promuoveva la vocazione turistica dell’Isola del Sole. Era il 1892 quando un decreto firmato da Francesco Giuseppe sanciva la nascita della “Stazione di Cura e Bagni di Grado”, meta à la page della ricca borghesia austriaca. Oggi il litorale attrezzato con un occhio di riguardo per le famiglie (ci sono aree giochi per i bambini e una zona dedicata ai cani), le moderne Terme Marine e un campo di golf a 18 buche contribuiscono a definire un’offerta che vuole mantenere una continuità con lo spirito dei suoi esordi, a tratti riuscendovi. Ma è incamminandosi per il castrum, il centro storico fondato dai romani, che ci colpisce il fascino senza età di Grado. È bello perdersi tra il reticolo di calli, campi e campielli, che portano nel nome il ricordo dello stretto legame con Venezia, dove la sera aleggia l’odore delle cucine dei ristoranti. Il pesce è il protagonista indiscusso della tavola. I menu propongono le ricette della tradizione, come sievoli sotto sal (cefali conservati sotto sale), scampi alla busara insaporiti col pomodoro, sardoni in savor, cioè alici fritte e marinate con aceto e cipolla. Si trovano anche ottime proposte in chiave contemporanea. Allan Tarlao, che insieme al fratello Attias, in cucina, gestisce la Tavernetta all’Androna, abbina alla zuppa di pesce il cardamomo, le canocchie al vapore ricevono una grattugiata di cren, i crostacei sono serviti su un’insalata russa scomposta. I Tarlao fanno tesoro
di due generazioni di ristoratori, senza mai ripetersi. E hanno in serbo una sorpresa da presentare a Gusti
di Frontiera, kermesse enogastronomica in programma a Gorizia dal 21 al 24 settembre: “Abbiamo ideato un döner kebab di tonno con i tranci infilzati sullo spiedo, come di solito si fa con la carne”.
3 La porta d’Oriente La visita del sito archeologico di Aquileia richiede una buona dose di immaginazione. Attila prima, e successivamente i “barbari” nostrani che utilizzarono le rovine come una cava a cielo aperto, ci hanno lasciato ben poco della città che nella sua epoca d’oro, tra il IV e V secolo d.C., ospitava oltre centomila abitanti. Intuiamo il grande porto fluviale, lo splendido foro in pietra d’Istria, l’arena per i giochi. La vitalità e il prestigio dell’antica città si sentono nella mole e nello splendore della
basilica, sede di uno dei patriarcati più antichi e potenti della penisola. Concludiamo incantati dalla bellezza dei mosaici, dagli avvolgenti affreschi della cripta e dalla vastità del disegno architettonico, finché non giunge il momento di pensare a ritemprare il corpo. A due passi c’è la pasticceria
Mosaico, sosta ideale per assaggiare i dolci che mescolano la tradizione austriaca, slovena e italiana negli impasti di gubane e presnitz, massicci rotoli farciti con un visibilio di frutta secca tritata, e nella pinza triestina, un soffice pan brioche. Piero Zerbin, nella nuova sala con vista sul laboratorio, propone percorsi gastronomici guidati e svolge un’instancabile ricerca dedicata a una linea gluten free e alle sue creazioni originali, come il “Dolce Aquileia”,
fatto solo con ingredienti noti anche agli antichi abitanti: alloro, miele, noci e farro.
4 Distillato di storia A settembre, con le vinacce della nuova vendemmia, si accendono gli alambicchi. A poche centinaia di metri dal Foro Romano di Aquileia, andiamo a trovare Alessandro Comar, raffinato distillatore e titolare della Distilleria Aquileia. Se vi capiterà di incontrarlo, fatevi raccontare la storia che ha dato vita alla “Sgnape dal Checo”, un distillato di benevola goliardia, oltre che di vinacce di cabernet, merlot e refosco dal peduncolo rosso, tipiche uve rosse della zona (con i bianchi pinot bianco e friulano). Nello spaccio accanto c’è anche una discreta scelta di vini e di altri prodotti locali come il particolare pesto di sclopit (o di silene, un’erba che cresce spontanea nei campi). Appassionato di arte e di storia, oltre che di grappe, e armato di quello che egli stesso definisce un caratteraccio, Alessandro ci ricorda come sul tracciato della pista ciclabile che dall’Adriatico arriva a Salisburgo (da tanti considerata la ciclovia più bella d’Europa), a pochi passi dalle rovine di Aquileia, si trovavano i binari della ferrovia dai quali partì diretto a Roma, nel 1921, il convoglio con la salma del Milite ignoto. Ma non c’è traccia che ricordi l’evento.
5 Due campanili Si guardano a poca distanza, quello di terra di Aquileia, massiccio e possente, piantato sui mosaici romani, e quello di mare, della basilica di Sant’Eufemia, con il suo angelo segnavento sulla cuspide: è “l’Anzolo” che dice a tutti i graisani, con le parole del poeta e paroliere Mario Pigo, “Me son quassù comò una sintinela per qui che va col remo e co’ la vela!”.