Variazioni sulla panzanella
IN PRINCIPIO C’ERANO IL PANE, L’ACETO E LE CIPOLLE. POI È ARRIVATO IL RESTO. MA QUESTA SPECIALITÀ TOSCANA CONSERVA LA SUA ANIMA RUSTICA. E I FORNELLI RESTANO SPENTI
Oggi è sufficiente andare dal fornaio, ma una volta il pane si preparava a casa. E guai a sprecarlo. Quello che avanzava si utilizzava in molte ricette, che ora definiamo “di recupero”, mentre allora erano la base della tavola contadina. In Toscana, fra le preparazioni tipiche nate dall’usanza di ammorbidire con un liquido il pane secco, c’è la panzanella, detta anche pan molle. La sua semplicità campagnola e la sua freschezza si sono meritate anche l’elogio affettuoso di un grande pittore del Cinquecento. Così la descrive il Bronzino: “...ma chi vuol trapassar sopra le stelle di melodia v’aggiunga olio ed aceto e’ntinga il pane e mangi a tirapelle […] una insalata di cipolla trita colla porcellanetta e citriuoli […] considerate un po’ s’aggiungessi basilico e ruchetta”. Qui non c’è traccia dei pomodori, a quell’epoca solo ornamentali, mentre si parla dell’erba porcellana, cioè la portulaca, del basilico e della rucola. Qualche appunto, però, se lo guadagna il cetriolo, gradito oppure no a seconda della zona, tanto che in molti ricettari viene riportato come facoltativo. Poi c’è l’elemento chiave, il pane, che deve essere quello sciocco toscano, ideale per la sua consistenza, perché resta granuloso. Infine, spazio alle varianti locali, come l’aggiunta di tonno, acciughe, uova sode, peperoni. Ma veniamo al nome. Secondo Luciano Bezzini, cultore della Maremma livornese, “pan-zanella” nascerebbe dall’uso contadino di consumare il pane “riciclato” con le verdure sulle sponde delle zanelle, i fossi di campagna. È meno romantica, ma forse più attendibile l’origine da panzana, pietanza popolare a base di pan bagnato.