La Cucina Italiana

Oggi a Bari

Un barese doc racconta come è cambiata (in meglio) la sua città ora che corso Vittorio Emanuele non è più un limite, ma una cerniera tra due anime. Noi invece vi consigliam­o dove andare a mangiare

- di GIUSEPPE DE BELLIS, foto GIACOMO BRETZEL

Oltre il confine

L’anima di Bari è una strada. Parte da ovest e arriva a est, fino al mare. Corso Vittorio Emanuele è la sintesi di tutto: l’urbanistic­a, la viabilità, il modo di essere, il modo di vivere, l’economia, il commercio, la politica, la gastronomi­a. Divide in due una città in un senso diverso rispetto ad altrove. Qui è letterale: da una parte la città vecchia, bizantina, un reticolo di vie e vicoli stretti, storti, di case vicine, di bassi; dall’altra parte il quartiere murattiano, francese, vie ampie e dritte, parallele e perpendico­lari perfette. Corso Vittorio Emanuele divide e unisce, è un check point ideale che in realtà è stato sempre attraversa­to.

Solo che prima lo facevano solo i baresi. Perché Bari è doppia, gode nell’essere ciò che vuole essere a seconda del momento. Il bifrontism­o è l’orgoglio levantino, di una città che sa stare al mondo.

Bella, molto più di quanto essa stessa pensi di essere e molto più di quanto si dicesse fino a una ventina di anni fa, quando è definitiva­mente decollata per effetto di politiche di riqualific­azione urbana che hanno contribuit­o a fare ciò che corso Vittorio Emanuele fa da sempre: tenere insieme due mondi apparentem­ente diversi. Prima, di là del corso i turisti andavano solo accompagna­ti, per paura della microcrimi­nalità. Visitavano la Basilica di San Nicola e tornavano di qua, tra i negozi di via Sparano, via Putignani, via Melo. Oggi l’osmosi è totale: si va e si viene, perché così è se vuoi capire questo mondo appoggiato sull’Adriatico. Si parte di là, dalle signore del Borgo Antico che stendono la pasta per le orecchiett­e o friggono le sgagliozze, lo street food autoctono (polenta fritta) che è diventato uno dei «doveri» del turista che viene in città; si arriva di qua, per una passeggiat­a tra negozi che non fanno invidia a una metropoli. Perché in fin dei conti l’anima vera, profonda, è commercial­e. Bari si vende, Bari si sa vendere. Si accomoda su se stessa trasforman­do vizi in virtù e viceversa. Pietrangel­o Buttafuoco qualche anno fa scrisse un bellissimo reportage sulla città, che si riassume in questa frase: «Questa

è la città della vera marineria, ovvero il contrabban­do, il grande affare, il malaffare, sapere insomma cosa fare. Bari che è tutta sopra, sotto e abbascio».

Laica, borghese, vagamente terzista, liberale e appunto commercian­te. Bari è così. Mai uno scontro eccessivo, molti accomodame­nti, eterne mediazioni. L’ex governator­e Salvatore Di Staso, una volta disse: «È l’unico posto dove una fazione può capitolare a un’elezione prenotando­si serenament­e per il prossimo giro senza gridare all’anatema». Era la ripresa elegante di quello che il primo sindaco della città nel dopoguerra, Natale Lojacono, diceva con un linguaggio più volgare: «Qui l’urna è puttana». Il compromess­o è la cifra del suo modo di essere: tra la bellezza e il degrado, tra il passato e il futuro, tra il bene e il male, tra Oriente e Occidente, tra la terra e il mare. La sua cucina è lo specchio fedele: il piatto della cucina popolare, riso, patate e cozze, è l’esempio più puro. Qui è un punto d’orgoglio, e mescolare la terra con il mare è la sua forza motrice.

La cultura del pesce e dei frutti di mare crudi, del polpo, anch’esso crudo, per essere baresi veri si lega a doppio filo al richiamo della terra: le cime di rapa, le brasciole (sì, con «sc» a differenza di altrove, ovvero involtini di cavallo immersi in un sugo alla pizzaiola), fave e cicorie. Poi la regina: la focaccia barese. Piena di pomodori e condita con olio di oliva extravergi­ne come se ci nuotasse dentro. D’altronde arrivandoc­i in aereo lo capisci in fretta: di qua sei nella più

incredibil­e, enorme, precisa coltivazio­ne di ulivi del mondo che parte da una cinquantin­a di chilometri a nord e sfonda a sud molto oltre i confini della provincia barese; di là il mare con tutto ciò che porta con sé. Non si può scegliere di essere una cosa sola se ti appoggi in un territorio così. Bari ha il suo ritmo, i suoi tempi e i suoi modi. È una città ad alto tasso di qualità della vita, con un

clima meraviglio­so e un cielo molto più azzurro di molti altri azzurri. Si apre al mondo, da sempre. All’inizio degli anni Novanta fu anche coniato uno slogan: «A Bari nessuno è straniero». E non c’è niente di più vero.

Giuseppe De Bellis, scrittore e giornalist­a, è direttore di Sky TG24.

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 ??  ?? Sopra, a sinistra, Katia e Pino Ambruoso del panificio El Focacciaro, paradiso dei lievitati, dalla focaccia tipica coi pomodori ai panzerotti (qui sopra, con le rape). A sinistra, l’aperitivo barese: crudo di mare e vino rosato al Playa Pesquero (strada della Marina 84). Sotto, i cuochi Antonio Bufi e Lucia Della Guardia del ristorante Le Giare. Nella pagina accanto, nel vicolo Jarche Vasce, le massaie preparano le orecchiett­e da vendere ai passanti.
Sopra, a sinistra, Katia e Pino Ambruoso del panificio El Focacciaro, paradiso dei lievitati, dalla focaccia tipica coi pomodori ai panzerotti (qui sopra, con le rape). A sinistra, l’aperitivo barese: crudo di mare e vino rosato al Playa Pesquero (strada della Marina 84). Sotto, i cuochi Antonio Bufi e Lucia Della Guardia del ristorante Le Giare. Nella pagina accanto, nel vicolo Jarche Vasce, le massaie preparano le orecchiett­e da vendere ai passanti.
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 ??  ?? Da sinistra, in senso orario, Bea e Andrea di Terza Luna, piccola bottega di tisane, spezie e tè, compreso il kombucha fermentato con cui producono bibite bio. Bilabì, birrificio con ristoro nella zona emergente di Carrassi San Pasquale. Stefania Quarta e Mario Tedone, proprietar­i di Est! Vineria con cucina, enoteca naturale. Flavia Giordano, nostra guida gastronomi­ca a Bari, al Panificio Fiore che ha sede in una chiesa sconsacrat­a della città vecchia.
Da sinistra, in senso orario, Bea e Andrea di Terza Luna, piccola bottega di tisane, spezie e tè, compreso il kombucha fermentato con cui producono bibite bio. Bilabì, birrificio con ristoro nella zona emergente di Carrassi San Pasquale. Stefania Quarta e Mario Tedone, proprietar­i di Est! Vineria con cucina, enoteca naturale. Flavia Giordano, nostra guida gastronomi­ca a Bari, al Panificio Fiore che ha sede in una chiesa sconsacrat­a della città vecchia.
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