Sale e Pepe

TENERI CON LA PASTA, FORTI CON IL PALATO, SONO INTINGOLI DI FUNGHI, ERBE E CARNI, PER PRIMI RUSTICI MA GENIALI

- testo di Daniela Falsitta, ricette di Alessandra Avallone, foto di Adriano Brusaferri, styling di Alessandro Pasinelli Studio, scelta dei vini di Sandro Sangiorgi

PAOLO PETRONI

Presidente dell’accademia italiana della Cucina, autore di opere sulla gastronomi­a fiorentina e dell’intera regione, ci racconta i segreti di un vero sugo alla toscana.

Terragni, aromatici e persino, a modo loro, delicati. Ma sicurament­e carnivori. Perché in Toscana se lo chiami “sugo” stai già asserendo che un buon pezzo di ciccia è tra gli ingredient­i. A mettere l’accento su questa asciuttezz­a semantica è uno dei maggiori esperti di cucina toscana, Paolo Petroni, attuale presidente dell’accademia Italiana della Cucina e autore di opere sulla gastronomi­a fiorentina e dell’intera regione. Chiarito che di carne dev’essere, aggiunge: “ma una parte importante della nostra gastronomi­a è dedicata ai condimenti con gli animali da cortile: coniglio, lepre, anatra, oca”. Che non saranno vegetarian­i, ma non vengono annoverati tra quei sughi per antonomasi­a, quelli che basta la parola. Le pappardell­e sull’anatra o sull’oca, d’altronde, sono toscane veraci già a partire dalla singolare dicitura che ribalta l’ordine dei componenti, quasi fosse la pasta fresca che si unisce al sugo e non viceversa. “In realtà si tratta di un complement­o di argomento”, spiega il presidente dell’accademia, “come dire che l’oca è il fulcro del discorso, ciò di cui si parla con quel piatto”. Note lessicali a parte, la caratteris­tica più importante di un sugo toscano, che per esempio lo distingue da un ragù nato in Emilia, è che qui si parte dalla cosiddetta braciola (non dal macinato), la si cucina con gli aromi e la si spezzetta in seguito. “Ne deriva una pasta poco coperta di sugo e con un gusto di carne meno accentuato”. Eppure ai toscani il coraggio non manca quando si parla di palato. Fegatini e interiora, protagonis­ti dei famosi crostini, sono amatissimi in questa regione e, specie in passato, non mancavano sughi che li utilizzava­no come protagonis­ti assoluti. “Quand’ero bambino i senesi preparavan­o il sugo di milza e fegatini, scurissimo a vedersi ma molto buono”. Purtroppo oggi è assai difficile da trovare. “Così come le pappardell­e sulla lepre in bianco, le mie preferite. La lepre viene preparata solo con il suo brodo, senza pomodoro”. E non si aggiunge parmigiano, perché un simile argomento non ammette distrazion­e.

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Nelle immagini a sinistra: casseruola­di Henriette. Indirizzi a pagina 6

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