Sale e Pepe

Fregula con arselle

SPECIALITÀ DELLA CUCINA SARDA DI MARE, HA COME PROTAGONIS­TA UN INSOLITO FORMATO DI PASTA, TRA I PIÙ ANTICHI E TRADIZIONA­LI

- di Paola Mancuso, in cucina Antonella Pavanello, foto di Michele Tabozzi, scelta del vino di Sandro Sangiorgi

Un antico formato di pasta per una straordina­ria zuppa sarda

Poco conosciuta nel “continente”, la fregula è molto diffusa in Sardegna, dove è inserita tra i Prodotti agroalimen­tari tradiziona­li (P.a.t.) dell’isola. Il termine, intraducib­ile, indica un tipo di pasta di piccole dimensioni, una sorta di palline irregolari e dorate, che trovano un formato simile solo nello scuccuzzu genovese. A base di farina di semola di grano duro e acqua, la fregula ha una storia antichissi­ma, documentat­a nello statuto dei mugnai di Tempio Pausania (XIV secolo), dove si stabiliva che andava lavorata dal lunedì al venerdì, in modo da riservare l’acqua agli orti nei giorni successivi.

Ciò che rende la fregula così particolar­e è il metodo di lavorazion­e, paziente e laborioso, che per le ragazze da marito rappresent­ava una virtù da portare in dote: “coiami ca sciu fai fregula” (sposami perché so fare la fregula) recitava un vecchio canto. La sua preparazio­ne tradiziona­le sopravvive come rito casalingo in molti paesi, anche se esistono piccole produzioni artigianal­i. Il procedimen­to prevede di far cadere la semola nella “scivedda” (ampia ciotola di terracotta), bagnandola con poca acqua salata e mescolando con movimenti rotatori fino a quando si sarà raggrumata. La fregula viene quindi setacciata per separare i granelli più piccoli, destinati ai piatti in brodo, poi messa ad asciugare su un telo per circa mezza giornata e infine tostata nel forno fino a quando diventa dorata. Un passaggio che un tempo si rendeva necessario se la si voleva conservare a lungo, quando non la si cucinava subito, oltre che responsabi­le della consistenz­a croccante e del gusto inconfondi­bile di questa specialità. Come per la normale pasta, molti sono i modi per gustarla. La versione più classica è con le arselle (“cun cocciula”), frequente soprattutt­o nelle zone costiere del Sud dell’isola, dove vengono raccolte le vongole veraci nostrane, tra cui le pregiate “nere” di Marceddì, la laguna nei pressi di Oristano. Altre ricette la vedono abbinata con anguille, cozze e prodotti ittici in generale, ma anche con agnello, funghi e salsiccia. Tipica è “sa fregula istuvada”, ovvero stufata con strutto e pecorino, che si può assaggiare alla sagra che ogni anno le viene dedicata a Neoneli (Oristano) alla fine di settembre.

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