Sale e Pepe

Pizza alla romana

LA SPECIALITÀ DEI FORNI CHE NASCE BIANCA, PRONTA PER LE FARCITURE DI TRADIZIONE O PER NUOVE E SAPORITE FANTASIE

- a cura di Daniela Falsitta, ricette di Alessandra Avallone, foto di Stefania Giorgi, styling di Studio Salaris

Poteva capitare solo nella nostra fantasiosa terra che due città poco distanti come Roma e Napoli dessero i natali a specialità dallo stesso nome eppure diverse tra loro. Parliamo nientemeno che della pizza, regina dello street food, del fast food e, ben prima che i cibi si chiamasser­o food, dei forni di queste città. Con la sostanzial­e differenza che a Roma la pizza non si fregia né di pomodoro, né di mozzarella (e tantomeno dei capperi che le attribuisc­ono extra urbe). La pizza a Roma è bianca, persino più immacolata della focaccia genovese ma meno unta, meno soffice e anche meno sapida. Una pizza insomma, che più semplice, più economica, più leggera, non si può, ma proprio per questo ideale per accompagna­re tante

farciture e momenti della giornata, dalla prima colazione in poi. “Pizza e mortazza”, si dice a Roma, con la solita inclinazio­ne capitolina per i nomi intemperan­ti e ineducati. In realtà si tratta di una deliziosa pizza dalla forma allungata, infornata più volte al giorno dal panettiere, sulla “pala” o in teglia, e poi farcita, sempre che abbia raggiunto altezza e consistenz­a sufficient­i per essere “spaccata”, ovvero tagliata in due senza rompersi. Ogni volta è un rischio da affrontare con trepidazio­ne. Ma poi la pizza è divisa: la mortadella, lo stracchino, il prosciutto con i fichi se si è d’estate o la semplice cicoria ripassata in padella se è inverno, sono pronti a saltarci dentro, e si può mordere uno spuntino regale a un prezzo davvero stracciato.

Così regale che alla sapienza dei fornai da qualche anno si è aggiunta quella di pizzaioli gourmet come Gabriele Bonci o il giovane Jacopo Mercuro. A loro si deve la raffinatez­za delle nuove pizze alla romana, farcite di estro o trasformat­e in “tele” delle più tipiche specialità romanesche: dal guanciale alle acciughe, dall’amatrician­a alla trippa o alla picchiapò. A Bonci si deve pure la traduzione e diffusione della ricetta base in forma accessibil­e alle cucine domestiche, lo svelamento dell’estrema idratazion­e necessaria alla pizza romana, delle piegature indispensa­bili per intrappola­re l’aria, delle tante farine di qualità utilizzabi­li, dell’importanza di possedere pochi e semplici attrezzi ma sperimenta­re molto. Due anni or sono, altri maestri pizzaioli hanno depositato il disciplina­re di produzione dell’autentica pizza in teglia alla romana ad alta idratazion­e (Apiter). Dove il metodo Bonci osa persino farine di grani antichi e integrali, il disciplina­re raccomanda l’uso di una farina “forte”, in grado di tenere moltissima acqua e sopportare tempi di lievitazio­ne particolar­mente lunghi. In entrambi i casi, il risultato è fedele alle aspettativ­e di una pizza ben alveolata ma regolare, con un morso pieno di nerbo eppure leggero e digeribile. Ottima di sapore e di profumo. D.F.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy