Il pollo di Gemma
Un piatto indimenticabile che fa subito estate ....................
Aldo Palazzeschi è di quegli autori che a scuola si studiano frettolosamente, di cui si ricordano solo le opere più famose, come le Sorelle Materassi; ma tra poesie, racconti e romanzi non avrei mai pensato che l’autore fiorentino avesse scritto anche una novella legata alla cucina, con un tema a me molto caro: “Il pollo al diavolo”. Il testo, tornato alla ribalta oggi grazie ad una piccola e raffinata casa editrice milanese, la Henry Beyle, è stato una scoperta succulenta. Così, uno dei piatti indimenticabili della mia infanzia, è diventato ora un pollo letterario. Il protagonista della novella è un burbero oste toscano che si crogiola nel far attendere gli ospiti perché “il pollo al diavolo è di lentissima cottura, 40 minuti almeno e guai ad affrettarla, lo avreste sbruciacchiato sulla superficie e crudo internamente, deve diventare una polpa tenerissima in cui il sangue non si rivela più nel suo colore”. L’oste è anche prodigo di consigli: “…occorrono polli giovani per tali avventure, unto con olio fino e ben dosato di pepe, fatto cuocere a fuoco lentissimo sulla gratella dove piano piano assorbirà, per l’olio che sta bruciando nel carbone, quel sentorino di moccolaia che gli dona una grazia infernale”. Quella stessa grazia che anche il mio pollo non letterario aveva. Lo cucinava mia nonna Gemma, d’estate, nella casa di campagna. Lo cuoceva in un tegame di alluminio sul quale posava un coperchio privato di maniglia, perché sopra doveva ospitare la pesante pietra che, schiacciando il pollo, ne avrebbe consentita la giusta cottura. È il peso della pietra o del mattone (in Toscana viene chiamato anche pollo al mattone e qualcuno possiede ancora il tipico tegame per cucinarlo) ad assottigliare la carne facendogli perdere il grasso che, al calore delle braci, produce un suono preciso: sfrigola e schizza che è un piacere. “Il pollo alla diavola”, scritto da Palazzeschi nel 1939 sul numero 8 di Prospettive, rivista letteraria diretta da Curzio Malaparte, venne rimaneggiato dall’autore nel 1967 diventando “Pollo al diavolo” e pubblicato in un’antologia di vari autori della Vallecchi. Il mio pollo non ha avuto mai la possibilità di essere immortalato, oggi una foto con il cellulare avrebbe reso più tangibile il ricordo. Ma la memoria olfattiva non mi inganna e neppure quella visiva perché mia nonna, sorridente, con il grembiule, è pronta per posare la pietra sul coperchio.