E c’è anche il tipico dessert
Tutti questi cibi hanno il compito di celebrare la prosperità delle antiche origini (e quindi i sapori ricchi), di calarsi nella stagionalità degli ingredienti (per cui ortaggi e frutti dell’estate) e considerare che parte integrante della celebrazione sta proprio nel consumare il pasto all’aria aperta, con un cerimoniale più pratico che scenografico. Al netto di grigliate e barbecue, la fantasia della tradizione regionale, non ha limiti: gli Zitoni di Ferragosto al pomodoro sono tipici della Costiera Amalfitana; in Umbria si condisce la pasta con il sugo di papera, in Lazio si mangia pollo in umido con peperoni, a Belluno le lumache, in Puglia il galletto ripieno con uova, salame e formaggio, in Sicilia la caponata di melanzane, in Calabria le frittole di maiale.
Discorso a parte meritano i dolci: a Pitigliano si preparano i Biscotti di mezz’agosto che sono a forma di otto e profumano di anice; nell’appennino bolognese si impastano gli Zuccherini montanari; ciambelline anche in Calabria con uva passa, noci e mosto d’uva. In Sicilia a Ferragosto si mangia il gelo d’anguria, decorato con foglie di limone e gelsomino. Nella zona di Sorrento si prepara un dolce bizzarro: le melanzane al cioccolato; mentre a Stresa si “sfogliano” le Margherite, dolcetti realizzati in onore di Margherita di Savoia che poi la regina volle introdurre per le celebrazioni del Ferragosto. Al momento della frutta i grandi protagonisti sono il melone e il cocomero, perché buoni e pratici per riempirci i portabagagli dell’auto, e perfetti per la condivisione: il naturalista francese Henri Bernardin de Saint-pierre autore del volume Études de la Nature, scrive che: “Il melone appare come già suddiviso in fette perché è stato fatto per esse consumato in famiglia”. Poiché qualunque sia il menu (comprese le nostre moderne interpretazioni), ciò che conta è trascorrere la giornata in compagnia. Altrimenti adottare il pensiero del celebre compositore gourmet Gioachino Rossini: “Faremo un pranzo splendido, mangeremo un tacchino. Saremo solamente in due. Io e il tacchino”. Avendo la premura di sostituire il tacchino con il piccione, però.